lunedì 21 maggio 2007

LE VITE DEGLI ALTRI



LE VITE DEGLI ALTRI
Di: Florian Henckel von Donnersmarck.
Con: Martina Gedeck, Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Ulrich Tukur, Thomas Thieme, Hans-Uwe Bauer, Volkmar Kleinert, Matthias Brenner.
Genere: Drammatico (140’)
Commento: L’opera prima che ogni regista sogna. Von Donnersmarck battezza la sua cinepresa con un film destinato a fare storia, non senza difetti (nessuno è perfetto) ma assai trasparente nella sua lucida presentazione dell’interiorità umana. Germania, 1984: il muro di Berlino spacca città e cuore di molte persone e, nella Berlino Est, la Stasi (un nome, un programma) controlla i (molto) ipotetici rivoltosi, imponendo repressione e castigo a tutto ciò che “puzza” di Occidente. Partiamo da un presupposto: si tratta di una spy story, ma consigliamo allo spettatori di non cercare da queste parti un nuovo James Bond. La trama è abbastanza piatta, senza colpi di scena (e quando la sorpresa arriva, spesso è lasciata intuire a priori), ma proprio qui sta la bravura di sceneggiatori e regista: incollare lo spettatore alla sedia (e alle sue riflessioni) per più di due ore di film senza bisogno di inseguimenti mozzafiato o stuntman circensi evidenzia una completa padronanza del mezzo e dei sentimenti del pubblico. E’ la psicologica che conta, è l’immedesimazione della tecnica registica con i fatti narrati. Von Donnersmarck evoca i misfatti del socialismo “fanatico” con semplicità, senza crudezza “alla Tarantino” (o, nel caso specifico, “alla Spielberg”), anzi quasi con freddo cinismo: il “dramma logico” di chi deve sottostare al potere si snoda su due contrasti di fondo. L’umanità vs il senso del dovere e il bene vs il male, in un continuo rimando di pentimenti e turbamenti. La prima ora è lenta, siamo d’accordo, e tutto il film in generale non concede frenetici capovolgimenti, ma non si dica per carità che induce sonnolenza. La testa dei personaggi viene squadernata con originale sviluppo e il personaggio di Ulrich Muhe (interprete perfetto!) ne è l’esempio: bastano 5’ perchè l’irreprensibile esecutore della macchina propagandistica prenda vita, ma nei restanti 135’ muta pian piano, sorprendendo a tratti anche se stesso. La maniacale ricerca del dettaglio e gli stacchi (anche se raramente in soggettiva) della macchina da presa infine, altro non fanno che dare ancora più credibilità alla ricostruzione di quella Germania dal passato non così lontano e all’interiorità dei protagonisti.
Da non perdere: La fotografia e i colori: a noi il film ha ricordato da vicino “Derrick”, girato proprio nei territori teutonici… Non che quel telefilm ci piacesse, ma è l’ennesima conferma di un’atmosfera retrò anni ’80 trasmessa anche dalla fase post-produzione al pubblico.
VOTO: 8

OSCAR PER: Miglior Film Straniero

1 commento:

manu ha detto...

è veramente un bel film, almeno...a me è piaciuto molto, anche se quando abbiamo scelto di vedere questo film ero scettica...