mercoledì 30 maggio 2007

UNA SCOMODA VERITA'

UNA SCOMODA VERITA’
Di: Davis Guggenheim
Con: Al Gore
Genere: Documentario (93’)
Commento: Dovessimo giudicare soltanto il piano contenutistico dell’opera, il 10 sarebbe d’obbligo: il problema ambientale, che tutti dovrebbe (sottolineiamo il condizionale) coinvolgere, dinnanzi al surriscaldamento del globo, è trattato con minuzia di particolari, grafici a go-go, esempi edificanti (e terrorizzanti) e soprattutto con la chiarezza, che mira all’ecumenismo d’intenti verso un pubblico che si spera davvero “mondiale”. Scientificità e didattica, nozioni pesanti perché assai tecniche, addolcite con la pillola del buon senso e del “prendersi per mano” addentrandosi nel problema. Sin qui nulla da dire, e l’Oscar al Miglior Documentario è scontatamente meritato (nessun problema deve coinvolgerci più del futuro del nostro pianeta, anzi del nostro futuro): peccato poi che Al Gore, insospettabile show-man alla Beppe Grillo, a riconferma di una politica americana sempre più portata a mischiarsi con lo spettacolo, esageri un po’ troppo nel personalismo, proponendo parti di autobiografia, tra una slide e l’altra degli interessantissimi grafici, delle quali sinceramente non si sentiva il bisogno. Bush ci fa (giustamente, lo diciamo senza faziosità, ma per la semplice analisi di dati di fatto) una magra figura, con il suo menefreghismo nichilista sul tema… Ma non per questo l’”ex vicepresidente degli Usa” (come Gore si definisce) dovrebbe sfruttare la cinepresa per farsi campagna elettorale…
VOTO: 7.5
OSCAR PER: Miglior Documentario

MAI VISTO UN FILM COSI' BELLO


martedì 29 maggio 2007

LITTLE MISS SUNSHINE

LITTLE MISS SUNSHINE
Di: Jonathan Dayton, Valerie Faris.
Con: Greg Kinnear, Toni Collette, Steve Carell, Paul Dano, Alan Arkin, Abigail Breslin, Mary Lynn Rajskub.
Genere: Commedia (101’)
Commento: Chi lo dice che per fare un buon film occorrono ricette elaborate? Spesso basta poco, spesso non è necessario nemmeno la fantasia: guardare alla realtà di tutti i giorni, romanzandola ovviamente e presentando tutte insieme situazioni di paradosso che nella vita “vera” quasi sicuramente non si concentrerebbero così facilmente, è la soluzione più naturale, sana e riuscita. Come una torta di mele, semplice ma profumata e fragrante. E in questo senso l’”Apple-film” di Dayton e Faris emana aroma di ottimismo pur narrando la storia di una famiglia di eterni perdenti. Umanissimi nella loro ricerca di successo, in carne ed ossa dall’ascesa alla caduta: già, perché la quotidianità del film insegna che, anche se il messaggio è abbastanza demagogico, essere se stessi e non volere a tutti i costi apparire “vincenti” (per come la società intende questo termine, non in senso lato), aiuta a vivere meglio ogni singolo istante di esistenza. Le trovate comiche si mischiano ad una tragedia velata, c’è spazio persino per commuoversi, ma sempre, nel (sor)riso o nel pianto, i registi lasciano un cantuccio per pensare: la ricerca, il viaggio verso una meta tangibile (il concorso di “Piccola Miss California”, che dà il nome al film) si trasforma così in una sconfitta dei fatti alla quale fa seguito un trionfo degli ideali. Greg Kinnear non sarà mai un grande scrittore, Toni Collette sarà la solita madre pasticciona, Paul Dano non avrà chance in Marina e Abigail Breslin, troppo formosetta per i prepotenti canoni odierni, non vincerà mai quel premio di bellezza… Eppure, una volta tanto, l’happy ending resta scritto e a tracciarlo sono i perdenti: anche con loro si può, deliziosamente, sognare!
Da non perdere: Certe smorfie di Abigail Breslin, la bambina del film. Interpretazione sentitissima, non sembrava avere di fronte a sé una telecamera.

VOTO: 9
OSCAR PER: Miglior Attore non Protagonista
Miglior Sceneggiatura originale

LA MALEDIZIONE DEL FORZIERE FANTASMA

PIRATI DEI CARAIBI – LA MALEDIZIONE DEL FORZIERE FANTASMA
Di: Gore Verbinski.
Con: Johnny Depp, Orlando Bloom, Keira Knightley, Bill Nighy, Naomie Harris, Jack Davenport, Mackenzie Crook.
Genere: Avventura/Fantasy (145’)
Commento: Il giudizio è inevitabilmente intaccato dalla terza puntata della saga, da noi visionata (e recensita) in tempo utile per valutare globalmente la trilogia. Se il primo episodio aveva sorpreso, questa seconda puntata aveva il compito (riuscitissimo) di defibrillare la trama, donando nuova linfa ad una storia che di per sé poteva anche sembrare conclusa. Logico dunque che, all’azione (presente in dosi sin troppo massicce e spesso e volentieri non ridotta a meri duelli navali o di singoli), subentri un intreccio di caratterizzazioni, scopi, nuovi personaggi e, non ultimo, trame. Il bello del film sta però nella chiarezza, che contrasta con il “pasticciaccio” di “Ai confini del mondo”, terzo pièce dell’avventura corsara. Johnny Depp raggiunge le più alte vette interpretative dell’intera (per ora!) trilogia, mentre l’introduzione del personaggio di Davy Jones strappa consensi per la crudeltà dell’uomo-pesce e soprattutto, dato che di Oscar stiamo parlando, per il trucco curatissimo e orientante. La lunghezza è ancora una volta il punto debole del discorso, ma in fondo “La maledizione del forziere fantasma” quanto meno non perde tempo con inutilità di fondo (tipiche del terzo film), che allungano a dismisura la pellicola senza cambiare il succo narrativo. Dialoghi come al solito divertenti, in vero stile pirates-movie, mentre l’episodio dell’isola cannibale pare un po’ forzato (e fuori dal contesto marino), ma quantomeno attiva l’adrenalina con i continui inseguimenti in scena.
Da non perdere: L’entrata in scena di Jack Sparrow: un tempo Hollywood creava l’attesa mediante ombre, musica e suspence per l’ingresso del primattore istrione attesissimo dalla folla in sala; in questa pellicola Johnny Depp è introdotto niente meno che da una bara…
VOTO: 7.5

OSCAR PER: Migliori Effetti Speciali

lunedì 28 maggio 2007

THE QUEEN

THE QUEEN
Di: Stephen Frears
Con: Helen Mirren, Michael Sheen.
Genere: Drammatico (100')
Commento: Agosto 1997, Lady Diana muore in un tragico incidente. Il popolo inglese è sgomento, la Regina invece per proteggere i nipoti, resta nel Castello di Balmoral, tenuta di caccia e residenza estiva dei reali, vivendo la vicenda con distacco, obbligata a protocolli e dettami di corte ultracentenari.
Sarà Tony Blair, il neo eletto primo ministro, a farle capire, con le buone, che i tempi sono cambiati. Alla fine, anche se con tanta fatica, ne usciranno tutti bene, ma quelli vissuti dalla Regina sono stati i giorni di più bassa popolarità del suo regno.
Simboli, vessilli, tradizione, tutto messo in discussione dalla morte di una donna che era entrata nel cuore del Mondo intero. Protagonista quasi quanto la Regina è Tony Blair (e il suo staff di "parolai") che riuscendo a definire Diana "principessa del popolo", si ingrazia la folla con una "captatio benevolentiae" a metà tra il voluto e l'ignorato.
Ottima la ricostruzione di ogni minimo particolare e dettaglio degli ambienti di Corte. Stupenda la fotografia negli scenari di Balmoral.
Poi la Regina, interpretata in maniera storica, da Helen Mirren, che vincerà l'Oscar 2007 come miglior attrice protagonista. Self control, distacco, rigidità, freddezza, il cerimoniale che non prevede nulla per chi ormai dalla famiglia reale ne è uscito; ma nell'intimità la Regina è una donna, con le sue ansie, le sue debolezze e soprattutto la sua solitudine, circondata da parenti al limite del "suonato" e dall'immobilità della Corona.
Per chi capisce l'inglese, il film è da vedere in lingua madre: il doppiaggio italiano della Regina lascia alquanto a desiderare e rischia di far perdere le sue "reali" sensazioni.
Filippo Bongiovanni
VOTO: 7
OSCAR PER: Migliore Attrice Protagonista

sabato 26 maggio 2007

THE LAST KING OF SCOTLAND

THE LAST KING OF SCOTLAND
Di: Kevin MacDonald
Con: Forest Whitaker, James McAvoy, Kerry Washington e Gillian Anderson
Genere: Drammatico (121')
Commento: Scozia 1970, fresco di laurea, il medico Nicholas Garrigan, prende un mappamondo, lo fa girare e punta il dito: il risultato è Uganda.
Arrivato in missione nel centro del continente nero, entra casualmente in contatto col nuovo Presidente del Paese, il generale Amin Dada, in visita al villaggio in cui lavorava.
Il dittatore ben impressionato dalle sue cure e soprattutto dal fatto che Garrigan è scozzese, lo invita a Palazzo e lo convince a diventare suo medico e personale consigliere.
Il sogno del giovane dottore presto si trasformerà in incubo...
Il documentarista MacDonald gira un discreto film, incentrato sulle diverse culture, quella europea e quella africana, tra loro troppo distanti, quasi inconcepibili, per potersi integrare.
Sono i protagonisti ad elevare il livello, poichè la sceneggiatura fa acqua.
McAvoy interpreta la parte di Garrigan con tutta la carica del suo incosciente entusiasmo giovanile: per lui all'inizio è come un gioco, a contatto col potere e la bella vita, tutto sembra andare per il giusto verso, ma presto si ritrova in un meccanismo ben più grande di lui e cerca di uscirne, rischiando seriamente la vita.
La scena però, anche forse per la stazza, è tutta presa dal personaggio Amin Dada interpretato magistralmente da Forest Whitaker, che ha vinto l'Oscar (e il Golden Globe) come miglior attore protagonista; Whitaker ha saputo calarsi perfettamente nella parte, facendo rivivere, attraverso l'avvincente percorso politico-esistenziale, la trasformazione del leader carismatico in sanguinario dittatore;
storici i suoi repentini cambi d'umore e di sguardi nella stessa scena a denotare la volubilità, o forse la psicolabilità, del tiranno.
Da non perdere: Amin si definiva Ultimo Re di Scozia perchè da soldato aveva combattuto in Kenya aggregato a reparti scozzesi e si sentiva uno di loro.
Filippo Bongiovanni
VOTO: 7
OSCAR PER: Miglior Attore Protagonista

IL LABIRINTO DEL FAUNO

IL LABIRINTO DEL FAUNO
Di: Guillermo Del Toro
Con: Ivana Baquero, Doug Jones, Sergi Lopez
Genere: Fantasy/Drammatico (114')
Commento: Spagna 1944, dopo la Guerra Civile, un piccolo gruppo di ribelli continua a lottare asserragliato sulle montagne a nord di Navarra.
A capo della guarnigione franchista del villaggio c'è il capitano Vidal, un uomo autoritario e violento, che ha da poco sposato e messo incinta Carmen. Costei per rendere fiero il marito della nascita del figlio, lo raggiunge in questo posto pericoloso. Seco la figlia Ofelia di 10 anni, avuta dal precedente matrimonio con un "sarto" defunto.
Tra il sangue, la guerra e la durissima realtà c' è ancora chi crede nelle favole: è la piccola Ofelia, che viene messa alla prova da un Fauno e dalle sue fatine al fine di rivelare la sua vera identità...
I tre oscar minori come miglior fotografia, scenografia (davvero stupenda da infernali atmosfere barocche) e trucco, premi che a qualcuno bisogna pur dare, lascerebbero presagire ad un film mediocre, ma non è così.
Il Labirinto del Fauno è un film che colpisce e che forse inaugura un nuovo genere cinematografico tanto è difficile da classificare: si tratta di una fiaba fantasy-horror, di sicuro non dedicata ai bambini, per la delicatezza dei temi trattati e per alcune scene macabre. Potrebbe anche diventare un "cult" per i giovani.
Un film poetico e cerebrale che viaggia su due binari (realtà e fantasia) talvolta paralleli, talvolta intersecantisi, alla fine sulla Terra (realtà) tutto è tragico ed è il male a prevalere, ma forse si può nutrire qualche speranza in un altro mondo... Del Toro tuttavia dà ad ogni spettatore la possibilità di cercare una morale della favola diversa. L'importante è pensare!
Filippo Bongiovanni
VOTO: 7
OSCAR PER: Miglior Fotografia
Miglior Scenografia
Miglior Trucco

venerdì 25 maggio 2007

LETTERS FROM IWO JIMA

LETTERS FROM IWO JIMA
Di: Clint Eastwood
Con: K. Watanabe, K.Ninomiya, T. Ihara
Genere: Guerra (140')
Commento: Il film è tratto dalle lettere e dai disegni del generale Tadamichi Kuribayashi uomo di grande cultura che è stato addestrato in America e che rimase a lungo negli Stati Uniti. Egli sa perfettamente di combattere una guerra senza speranza ma, profondo conoscitore delle strategie militari, ha l'obiettivo di resistere il più tempo possibile: lo scarso affidamento dei suoi sottoposti gerarchici (che lo bollano come amico degli americani) peggiora la situazione.
Siamo nella Seconda Guerra Mondiale, l'isola giapponese di Iwo Jima rappresenta un importante punto strategico per la guerra tra USA e Giappone.
Perchè un piccolissimo punto del globo fatto solo di cave di zolfo e sabbia nera, con acqua inquinata che uccide, ha questa capitale importanza?
E' quello che si chiede Saigo, un soldato semplice, fornaio fallito a causa dei militari del proprio paese, chiamato beffardamente alle armi al loro fianco, mentre la moglie incinta è stata abbandonata al proprio destino. Ma tra i protagonisti c'è anche il famosissimo Baron Nishi, campione olimpico nel 1932 nell'equitazione (salto con ostacoli), oltre al generale Kuribayashi.
Clint Eastwood questa volta si tinge gli occhiali col "sol levante" e continua la saga dell'isola protagonista di "Flags of our fathers", combattendola dalla parte dei giapponesi.
Un esperimento mai tentato prima ad hollywood ossia un americano che mostra la guerra dei giapponesi nella battaglia che costò più perdite americane.
Ne risulta uno straziante capolavoro (molto più del film precedente).
Girato con le stesse tecniche di "Flags of our Fathers", è tutto in giapponese sottotitolato.
Oltre a continuare sul tema dell'inutilità di tutte le guerre, qui Eastwood scava molto più nel profondo: si evince che gli americani non facevano
prigionieri, che i giapponesi erano persone uguali a loro, con le loro paure e preoccupazioni, e con vite extra militari molto simili.
Risalta l'umanità o la follia di tutti i personaggi di cui si parla, dal soldato semplice al generale: tutti hanno paura, tutti sanno di morire, ognuno di loro senza saperlo è un eroe, ognuno di loro affronta quel che gli resta con dignità più o meno alta. Il film emoziona, ti incolla alla sedia, ti incanta, ti commuove.
Ma alla notte degli Oscar (4 le nominations) riceve solo quello per il montaggio sonoro, uno scandalo...
Filippo Bongiovanni
VOTO: 9.5
OSCAR PER: Miglior Montaggio sonoro

mercoledì 23 maggio 2007

MARIE ANTOINETTE


MARIE ANTOINETTE
Di: Sofia Coppola.
Con: Kirsten Dunst, Jason Shwartzman, Rip Torn, Marianne Faithfull, Asia Argento.
Genere: Drammatico (123’)
Commento: Siamo al tramonto del Settecento; Maria Antonietta è la giovane figlia dell'imperatore d'Austria, alla quale viene combinato un matrimonio di convenienza col delfino francese, il futuro Luigi XVI. Ma fin qui è storia. Ciò in cui si addentra Sofia Coppola è più anacronistico ed intimistico: è la rappresentazione dell’inedia e della ripetitività della vita di corte, sfarzosa, pomposa, eterea, fuori dal tempo. Davvero di una bellezza vertiginosa i costumi della torinese Milena Canonero e così le incredibili torte che si susseguono a corte. Le opulente riprese in terra di Francia fanno il resto, in un tripudio di colori pastello e di atmosfere platinate, musicate da Vivaldi al puro rock anni Ottanta. Maria Antonietta è sola in questo mondo, è qui si coglie appieno la mano e il pensiero della regista e sceneggiatrice. La solitudine di una ragazzina alle prese con grandi responsabilità e costretta in una gabbia, ricorda quella di un gruppo di vergini suicide ed anche quella di una ragazza sperduta in un’immensa metropoli. Il filo conduttore è una vita più grande dell’individuo, al cospetto della quale l’essere umano è stranito, spaesato e perduto, infinitamente piccolo. Non a caso spesso le riprese indugiano in lente carrellate all’indietro, in cui la giovane regina rimane, al centro della scena, solo un puntino. Tra i produttori del film anche il celeberrimo padre di Sofia, Francis Ford Coppola.
Da non perdere: Kirsten Dunst vestita solo d’un ventaglio, alla ricerca di uno spiraglio di luce nella frustrante vita reale.
Mattia Guazzi
VOTO: 8.5
OSCAR PER: Migliori Costumi

martedì 22 maggio 2007

DREAMGIRLS

DREAMGIRLS
Di: Bill Condon
Con: Jamie Foxx, Beyoncé Krowles, Jennifer Hudson, Keith Robinson, Eddie Murphy
Genere: Musical (130')
Commento: Deena Jones (Beyoncé Knowles), Effie Melody White (Jennifer Hudson) e Michelle Morris sono tre cantanti che sognano di diventare famose e con il loro gruppo, The Dreamettes, cercano visibilità alla gara annuale per giovani dilettanti di talento. Non vincono, ma grazie a Curtis Taylor Jr (Jamie Foxx), un venditore di auto con il fiuto per gli affari e uno spiccato senso musicale, si ritrovano a cantare come coriste di James “Thunder” Early (Eddie Murphy), pioniere dell'RnB. Dreamgirls è la trasposizione cinematografica di un musical ispirato alle Supremes, il gruppo femminile capitanato da Diana Ross che fece grande successo negli anni '60.
Il film-musical di Bill Condon racconta in poco più di due ore una carriera durata quasi vent'anni intrecciando vicende vere e romanzate. Lo stile narrativo reso ancora più piacevole dai costumi, dalle musiche e dalle luci di scena si inceppa quando subentra il musical: i brani portanti, intensi quanto pomposi, eseguiti dalla pur brava Jennifer Hudson (Oscar 2007 come migliore attrice non protagonista) hanno senso se messi in scena sul palco di un teatro di Broadway, ma al cinema finiscono per rendere quasi insostenibile la visione della pellicola.
Da non perdere: l’interpretazione di Eddie Murphy, che abbandona la comicità e si cala con grande stile in un ruolo drammatico.
Carlo Pellegri

VOTO: 5,5
OSCAR PER: Miglior sonoro
Migliore Attrice non protagonista (Hudson)

lunedì 21 maggio 2007

LE VITE DEGLI ALTRI



LE VITE DEGLI ALTRI
Di: Florian Henckel von Donnersmarck.
Con: Martina Gedeck, Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Ulrich Tukur, Thomas Thieme, Hans-Uwe Bauer, Volkmar Kleinert, Matthias Brenner.
Genere: Drammatico (140’)
Commento: L’opera prima che ogni regista sogna. Von Donnersmarck battezza la sua cinepresa con un film destinato a fare storia, non senza difetti (nessuno è perfetto) ma assai trasparente nella sua lucida presentazione dell’interiorità umana. Germania, 1984: il muro di Berlino spacca città e cuore di molte persone e, nella Berlino Est, la Stasi (un nome, un programma) controlla i (molto) ipotetici rivoltosi, imponendo repressione e castigo a tutto ciò che “puzza” di Occidente. Partiamo da un presupposto: si tratta di una spy story, ma consigliamo allo spettatori di non cercare da queste parti un nuovo James Bond. La trama è abbastanza piatta, senza colpi di scena (e quando la sorpresa arriva, spesso è lasciata intuire a priori), ma proprio qui sta la bravura di sceneggiatori e regista: incollare lo spettatore alla sedia (e alle sue riflessioni) per più di due ore di film senza bisogno di inseguimenti mozzafiato o stuntman circensi evidenzia una completa padronanza del mezzo e dei sentimenti del pubblico. E’ la psicologica che conta, è l’immedesimazione della tecnica registica con i fatti narrati. Von Donnersmarck evoca i misfatti del socialismo “fanatico” con semplicità, senza crudezza “alla Tarantino” (o, nel caso specifico, “alla Spielberg”), anzi quasi con freddo cinismo: il “dramma logico” di chi deve sottostare al potere si snoda su due contrasti di fondo. L’umanità vs il senso del dovere e il bene vs il male, in un continuo rimando di pentimenti e turbamenti. La prima ora è lenta, siamo d’accordo, e tutto il film in generale non concede frenetici capovolgimenti, ma non si dica per carità che induce sonnolenza. La testa dei personaggi viene squadernata con originale sviluppo e il personaggio di Ulrich Muhe (interprete perfetto!) ne è l’esempio: bastano 5’ perchè l’irreprensibile esecutore della macchina propagandistica prenda vita, ma nei restanti 135’ muta pian piano, sorprendendo a tratti anche se stesso. La maniacale ricerca del dettaglio e gli stacchi (anche se raramente in soggettiva) della macchina da presa infine, altro non fanno che dare ancora più credibilità alla ricostruzione di quella Germania dal passato non così lontano e all’interiorità dei protagonisti.
Da non perdere: La fotografia e i colori: a noi il film ha ricordato da vicino “Derrick”, girato proprio nei territori teutonici… Non che quel telefilm ci piacesse, ma è l’ennesima conferma di un’atmosfera retrò anni ’80 trasmessa anche dalla fase post-produzione al pubblico.
VOTO: 8

OSCAR PER: Miglior Film Straniero

domenica 20 maggio 2007

Come promesso Inizia la carrellata: BABEL

BABEL
Di: Alejandro Gonzalez Inarritu.
Con: Brad Pitt, Cate Blanchett, Gael Garcia Bernal, Koji Yajusho, Adriana Barraza, Rinko Kikuchi, Micheal Pena.
Genere: Drammatico (140’)
Commento: Se tre è il numero perfetto, allora il quattro è di troppo. Inarritu, che stupì il mondo con il suo puzzle giocato sul peso dell’anima (“21 Grammi”), stecca alla riprova, con un cast quasi più stellare del precedente. “Babel” promette di trattare i problemi esistenziali che il crogiuolo di popoli e di lingue, in barba a demagogici discorsi di fratellanza e uguaglianza universale, rischia di sollevare: tra noi e il diverso vige una barriera, non necessariamente razzista, ma semplicemente naturale, anche se al termine dell’incastro si hanno buoni motivi per sperare. Il regista spagnolo si affida ancora una volta al montaggio avanti e indietro nel tempo ma soprattutto a destra e sinistra dello spazio, ma stavolta pecca (forse) di presunzione, aggiungendo una quarta vicenda assolutamente astrusa e insensata (legata con un filo – poco – logico pronto a spezzarsi e pretestuosa, seppur umanamente cruda e intensa) e soprattutto dimentica per strada il senso di realismo che da sempre lo ha contraddistinto, iperbolizzando il gran finale con una serie di eventi pseudo-catastrofici, che stanno in piedi solo nel dorato mondo della celluloide. Troppo poco credibili alcuni passaggi, il che per un film che si ripromette di scandagliare fino in fondo la psicologia umana (come singolo e come razza intesa) è un grosso peccato: specie se poi la fotografia e la regia evidenziano tutta la dimestichezza del “maestro” con il mezzo. Riprese con nulla invidiano ad un documentario naturalistico, montaggio, al solito, tecnicamente impeccabile e utilizzo delle musiche (qui sì, l’Oscar ci può stare!) evocativo dei sentimenti, con l’alternanza delle sette note ai silenzi, particolarmente suggestivi soprattutto nella scena della ragazza cinese sordomuta (alla quale, personalmente, avremmo dedicato un film a parte, senza forzare l’incastro in questa opera) immersa nella discoteca. Alla fine il troppo stroppia… ed è un vero spreco, perché le premesse per un capolavoro, a livello tematico e tecnico, c’erano tutte!
Da non perdere: Il modo in cui la polizia, americana in particolare, viene presentata: stereotipo o verità? Di certo, uno spunto per riflettere sulla corruzione dell’animo umano di fronte all’abuso di potere.
VOTO: 5.5

OSCAR PER: Migliore Colonna Sonora

sabato 19 maggio 2007

And the winner is...

Tempo di Croisette... tempo di Cannes (niente battute please!)... tempo di Premi.
E dato che io non ci arrivo mai per tempo, ho preferito tornare indietro alla Notte più attesa dai cinefili di tutto il mondo: Los Angeles, gli Oscar Awards consegnati il 25 Febbraio 2007.
Come mai così tardi? Semplice... ho deciso di fare un sommario completo, in collaborazione con alcuni amici, di tutte le pellicole premiate: ho, anzi abbiamo, selezionato i 12 riconoscimenti più ambiti e ci siamo poi impegnati a vederli tutti, al cinema o in home video. Nulla di più difficile, posso assicurarvelo, ma alla fine, tra una rincorsa e l'altra, e seppur con 3-4 mesi di ritardo, ecco a voi ufficialmente aperto lo SPECIALE OSCAR!!!
Di seguito elencherò le recensioni che verranno inserite (i rispettivi premi vinti li troverete poi alla fine di ogni commento): una al giorno, giusto per non sovraffollare di curiosità il lettore... a cominciare da domenica, per fare crescere un po' l'attesa...
Colgo l'occasione per ringraziare Filippo Bongiovanni, Carlo Pellegri e Mattia Guazzi per il grande aiuto nella redazione delle varie recensioni (se avessi dovuto, da solo, "spararmi" tutti i 12 film, ci avrei impiegato quantomeno 2 mesetti in più)-
Ecco l'elenco:
The Departed
L'Ultimo re di Scozia
The Queen
Little Miss Sunshine
Marie Antoniette
Letters from Iwo Jima
Babel
Le vite degli altri
Pirati dei Caraibi - La maledizione del forziere fantasma
Dreamgirls
Il labirinto del fauno
Una scomoda verità

PS: Per favore lasciate qualche commentucolo... almeno in questa rubrica ;-) e pure nelle altre!!!

venerdì 18 maggio 2007

TRA NOLEGGIO E VENDITA... C'E' DI MEZZO IL MARE!

Non so se qualcuno di voi si è accorto di una particolarità: le videoteche, sino a qualche anno fa (o forse mese? Boh), preparavano una doppia versione dei film in esposizione. C’era il noleggio, per quelli abituati al consumo di cinema “usa e getta” e c’era la vendita, per i collezionisti, pazzi spendaccioni (in senso buono, s’intende, anche perché io sono uno di questi) che con 20 euro si accaparravano una pellicola per sempre, anche magari per il semplice gusto feticista dell’oggettistica.
Sin qui tutto banale: soltanto che ultimamente, se notate, il noleggio esce con largo anticipo sulla vendita, addirittura in certi casi tra l’uscita del film nelle sale cinematografiche e la sua comparsa sui “banconi” di “Videohit” vari in versione noleggio non passano neppure i 3 mesi canonici. Mentre dalla versione noleggio alla versione vendita passa come minimo un mese, in alcuni casi (vedi “Fascisti su Marte” di Guzzanti) anche 100 giorni!!!
Il fatto incuriosisce, quindi ieri mi sono permesso di chiedere lumi al mio “videotecaro” (si dirà così?) di fiducia, Angelo. Mi ha specificato che la forbice di tempo si è dilatata per un motivo semplicissimo: alcuni rivenditori raggiravano la legge in un modo assai subdolo e, direbbero a Parma, furbaciò...
Per capirci qualcosa però, altra premessa: la versione noleggio costa il doppio o il triplo di quella destinata alla vendita; il perché è chiaro: mettendo in nolo un film una decina di volte già si guadagna più che vendendo lo stesso film una volta sola).
Il problema è che alcuni personaggi mettevano a noleggio i film destinati alla vendita (quelli, per capirci meglio, che pagavano meno dal grossista), evitando di acquistare così la versione noleggio (quella più cara). Scoperto l’inghippo, non avendo prove per portare avanti una denuncia, le Majors italiane e internazionali hanno deciso di “fregare” a loro volta i furbi: versione noleggio disponibile da subito, versione vendita dopo 3-4 mesi… Così se uno vuole continuare a raggirare la legge, è costretto per forza di cose ad attendere e andare fuori moda, con tutte le conseguenze che per un mercato in continuo fermento e rinnovamento come quello del cinema questo particolare comporta.
All’apparenza tutto ok… ma al sentore di questo notizia personalmente da un lato ho provato rabbia, dall’altro sono stato tentato.
La rabbia è un sentimento molto personale, che non pretendo cambi da solo le carte in tavola: certo però uno come me che è abituato a collezionare (in originale, meglio precisarlo) i successi mese dopo mese, sopporta malvolentieri un’attesa così prolungata.
La tentazione, invece, credo costituisca il più grave cruccio: dilatando i tempi, siamo sicuri che chi desidera possedere un film di prestigio (e magari non si fa tanti scrupoli di “oggettistica”, preferendo avere il dvd in casa, senza necessitare dell’originalità dell’opera), in questo modo non si senta quasi “giustificato” a praticare la pirateria? La pazienza è la virtù dei forti, ma perché aspettare se si può avere tutto, subito e per di più a prezzo inferiore??? Io mediterei… Voi che ne pensate?

LE VITE DEGLI ALTRI (che a noi non appartengono...)

300 contro 75! Qui sta lo scandalo.
Spiderman 3 è stato proposto in 300 sale italiane, un’enormità se si considera che questi 300 cinema erano privilegiati dall’anteprima (e non oso immaginare in quante sale sia stato proposto in totale il blockbuster più pubblicizzato dell’anno).
Le vite degli altri, che in Germania è uscito una vita fa e in Europa sta spopolando, in Italia, guardacaso, soffre della già citata sindrome del “botteghino ignorante”: attualmente (parliamo di Maggio 2007 per una pellicola uscita nel vecchio continente poco dopo la metà del 2006!) è in programma in appena 75 sale italiane…
Avete capito bene, 75 sale, una miseria!
E il vero dramma è che questo, signori miei, è un film da Oscar… non un premio qualsiasi, non miglior montaggio sonoro, migliore scenografia, migliori effetti speciali… No no, MIGLIOR FILM STRANIERO!
Sarò anche uno snob (ma dove poi? Le cazzate me le vado a vedere anche io una volta ogni tanto), del resto anche il regista Von Donnesmark lo è… però se ogni persona che l’ha visionato (bah, 3-4 pochi eletti, non molta roba) dicono che è un film della madonna… un motivo ci sarà!
E a noi invece tocca sorbirci le genialate di “Epic Movie”, dello Scamarcio e di “Svalvolati on the road”… sperando con ansia che qualche cinema d’Essai (per inciso, le sale considerate più “sfigate” e meno cool della storia del cinema) possa soddisfare la nostra voglia di capolavori d’autore!

giovedì 17 maggio 2007

ALLARME CARTOON



Ricordo con piacere "La bella e la bestia", "Il re leone" o, scendendo nella preistoria cinematografica, "Cenerentola" e "Biancaneve".
Piacere, misto a nostalgia: poi è arrivato il computer, la grafica virtuale, la comicità che ha sostituito i sentimenti...
Assistiamo oggi allo spostamento dei cartoon da un ambito bambino sempre più ad un ambito adulto: posso capire che tutti, anche i registi, debbano stare al passo con i tempi e adeguarsi ai ritmi ed ai cambiamenti di una società sempre più moderna (o post-moderna)... ma a volte guardarsi indietro non sarebbe malaccio.
Anche perchè, in fondo, si parla soltanto di una decina di anni fa... d'accordo che con il digitale tutto moltiplica la velocità e la locuzione temporale (si dice così?) "un anno fa" tra un po' corrisponderà senza problemi a "Un secolo fa"... tuttavia credo che il cartone animato come lo intendevo da bambino non sia del tutto scomparso, o almeno non debba scomparire.
Dicono che i cartoni servano a rilassare... ci si può rilassare ridendo a crepapelle, godendo del ritmo indiavolato di certe pellicole spensierate... ma ci si può anche rilassare sognando e immedensimandosi nei pensieri e nella psicologia dei personaggi: ma forse questo, per il mercato, è solo un sogno antiquato (e antiquario)...
L'altro giorno al videonoleggio notavo "Azur e Asmar", tutti dicono sia un cartone vecchia maniera, con disegni dal marcato stampo arabo e arabesco, diversissimi dalla mano di quelli della Walt Disney... Magari un giorno lo noleggerò, ma alla fine il punto è un altro: "Coming soon" pubblicizza sempre più demenza, che solo rare volte fa rima con qualità (su tutti, l'esempio di "Shrek") e poca tecnica... Logico che con questo sostrato i cari vecchi cartoon siano un ricordo: e finchè vincerà il botteghino, con il pubblico che, tra Italia e Usa, ci ritroviamo, non possiamo certo aspettarci neppure un piccolo passettino verso la svolta... verso il passato!

A tal proposito, ecco l'ultimo buco nell'acqua, noleggiato giusto ieri sera...
BOOG & ELLIOT A CACCIA DI AMICI
Di: Rogers Allers, Jill Culton, Anthony Stacchi.
Genere: Animazione (83’)
Commento: E’ allarme cartoon! Come definire altrimenti l’assenza di fantasia che colpisce a macchia d’olio sempre più registi, imbalsamati nella ricerca di una comicità stiracchiata e sempre uguale (e fine) a sé stessa? La sindrome del “cane che si morde la coda” azzera anche la favola moderna di Boog ed Elliot, rispettivamente orso domestico (?) e bambi scornato, che dovranno reagire all’imminente minaccia umana. Gli ingredienti per una buona “torta” ci sarebbero anche, alcuni animaletti suscitano simpatia, ma come non pensare, ad esempio, a “La gang del bosco”, ad “Uno zoo in fuga” o a “Madagascar”? Il conflitto è sempre quello: libertà e stato brado vs civilizzazione, e poco importa se in questo caso gli umani sono cacciatori spietati (cattivissimi e forse poco digeribili dai bambini: ricordiamoci infatti che sempre a loro questo genere di animazione dovrebbe essere diretto!) e non custodi di parchi faunistici. Alla fine ne esce un “frittatone” che strappa sorrisi a strappi, una trama sciatta, una sensazione, come detto, di déjà vu con l’immancabile lieto fine, che condanna oltremodo i cattivi e santifica i buoni, come si conviene all’immacolato mondo cartoonato. Anche la grafica, volendo mettere i puntini sulle i, appare più stilizzata che altro: nell’era del computer in tutte le salse, supponiamo che non sarebbe costato molto scervellarsi un filino di più tecnologicamente.
Da non perdere: Gli scoiattoli stile “Sturmtruppen”: il vocalizzo teutonico è spassosissimo, il fanatismo germanico un po’ stereotipato, ma, in un panorama tanto piatto, almeno gli abitanti-difensori degli alberi ci sentiamo di salvarli.
VOTO: 4/5

La morte del cinema (demenziale, almeno)

Come promesso, ecco la recensione di "Epic Movie". Più che una recensione, un monito!!!
EPIC MOVIE
Di: Jason Friedberg e Aaron Seltzer
Con: Kal Penn, Adam Campbell, Jennifer Coolidge, Jayma Mays, Faune A. Chambers, Crispin Glover, Hector Jimenez, Tony Cox, Fred Willard
Genere: Comico (80’)
Commento: Chi definì il cinema “settima arte”, certo non aveva preso in considerazione che alcuni registi avrebbero avuto il coraggio di partorire anche “cazzate” senza idee né comicità come “Epic Movie”: l’unica sensazione che davvero rimane alla fine della pellicola è quella di avere buttato via i 7 euro del biglietto. Se siete nel dubbio, lo diciamo per il vostro bene, evitate, o vi ritroverete con il nostro stesso (amaramente beffardo) sentimento. La volontà iniziale è classica e scontata: intrecciare più film possibili da prendere in giro, possibilmente kolossal (ecco spiegato il titolo) o comunque blockbuster di altissimo budget e successo: ecco allora in un unico calderone (fetente, aggiungeremmo noi!) “La fabbrica di cioccolata”, “Snakes on a plane”, “Pirati dei Caraibi”, “Le Cronache di Narnia” e “Super Nacho”, senza scordare qualche puntatina dalle parti di “Superman Returns”. Morale? Un bel mix di noia, di battute da asilo nido (ad essere buoni, prima elementare), di volgarità (non siamo puritani, ma quando la cosa è gratuita secca parecchio) e di musica rap dagli spiccati accenti hip-hop, che già provocherebbe fastidio nella versione made in Usa, figuriamoci con lo sciagurato doppiaggio nell’italico idioma. Il bello è che neppure i personaggi sembrano divertirsi: viene da chiedersi dunque se, dopo i successi di “Scary Movie” (demenziale fin che volete, ma divertente almeno nella prima, terza e in parte quarta puntata della saga) e le prime incrinature di “Hot Movie” (voto 5, ma in confronto a questo è un bijou), si sentisse davvero il bisogno di una mostruosa farsa di questo genere. Ecco il classico esempio del “botteghino ignorante”, che reclama reclama, ma in cambio non lascia nulla ai poveri spettatori.
Da non perdere: Lasciamo perdere veramente tutto, che è meglio! E lo facciamo pure volentieri… Il cinema demenziale dopo questa schifezza è morto: ora chi lo resuscita?
VOTO: 0 (zero)

martedì 15 maggio 2007

Si cambia genere, ma il voto è simile "Requiem"

REQUIEM
Di: Hans-Christian Schmid
Con: Sandra Hüller, Burghart Klaußner, Imogen Kogge
Genere: Drammatico (90’)
Commento: Parli di esorcismi e già ti prepari ad un horror a metà tra il soprannaturale e il blasfemo, come la pietra miliare del genere insegna. Poi scorri il film, che si lascia guardare pur senza troppa suspence, e scopri che, anche senza effetti speciali e visioni (o visuali registiche) non comuni, si può ottenere un buon prodotto sul tema. “Requiem” forse non passerà alla storia, ma da parte nostra ci sentiamo di consigliarlo, anche per la semplice curiosità che lega la scelta del regista di accompagnare una storia vera già affrontata (e criticata) ne “L’Esorcismo di Emily Rose” con l’atmosfera drammatica e intensa, ma mai orrorifica: il primo reale esempio, andando a memoria, della storia della celluloide. Sandra Huller si è presa il Premio come Migliore Attrice al Festival di Berlino, il regista invece l’Orso d’Argento: sul primo riconoscimento nessun dubbio. Riallanciandoci al discorso prima introdotto, anzi, il merito della “veridicità” della pellicola sta nella splendida interpretazione della giovane tedesca, che con il semplice ausilio di un po’ di trucco sa trasmettere il passaggio dalla “luce” al “cono d’ombra” del demonio. Sul secondo trionfo qualche riserva ce la prendiamo: il film non incanta, ma nemmeno annoia, tutto sommato resta impresso anche nei giorni successivi alla visione (e questo qualcosa vorrà dire), eppure nella versione doppiata in italiano risulta a tratti banali e infantile nei dialoghi. Probabilmente in lingua originale il discorso si farebbe più ardito; stavolta, dobbiamo ammetterlo, la nostra grande scuola di doppiatori ha fallito miseramente.
Da non perdere: Il montaggio “spezzettato” che caratterizza il film dall’inizio alla fine. Nessuna scena muore o si esaurisce, il tutto si concatena con la sequenza successiva: soltanto l’ultimo fotogramma viene “fissato” per una trentina di secondi, anticipando la rivelazione finale e i titoli di coda. Una particolare lezione di tecnica.
VOTO 6.5

Giù per il tubo!!! Non male con qualche riserva


GIU’ PER IL TUBO
Di: David Bowers, Sam Fell.
Genere: Animazione (85’)
Commento: A metà tra Shrek e La gang del Bosco, almeno a livello di comicità: in un panorama cartoon, che ormai sfiora sempre più il plagio e la ripetizione amorfa, Bowers e Fell hanno il grandissimo merito di proporre un storia nuova (nei personaggi e nell’ambientazione), colorata e divertente. Il mondo sotto i nostri piedi in effetti era per molti registi rimasto un tabù (almeno nell’ultimo periodo) e la riproposizione di una Londra “delle fogne” merita senza dubbio rispetto per l’originalità. Aggiungiamo pure che il ritmo del film “aggancia” l’attenzione dello spettatore, trascinandolo anche per merito di una colonna sonora che svaria dagli anni ’70 ai giorni nostri, ma sempre cavalcando l’onda di grandissimi successi (da Bob Marley ai Dandy Warhols, giusto per intuire la forbice e la libertà di spaziatura). Non è l’eterna lotta tra “il principe e il povero”, come l’avvio della vicenda lascerebbe intuire, perché Rodd, nobiltopo protagonista, è schizzinoso giusto il tempo di abituarsi al trapasso dalla dimora principesca al tanfo del sottosuolo. L’adattamento, e con essa la psicologia, è un po’ lasciata al caso a dire il vero (non si capisce come da un momento all’altro lo sconquasso venga superato senza contrappassi), ma in un vortice di emozioni, inseguimenti e gag (che prevede tra l’altro una fauna variegatissima anche per un cartoon: tra rane mafiose, topi gangster, mosche al patibolo e lumache cantanti c’è quasi da perdersi) questo difetto passa assolutamente in secondo piano.
Da non perdere: La considerazione che il regista ha della Nazionale inglese di calcio: girata pochi mesi prima dei Mondiali di Germania, la pellicola ha dato sin troppo credito al valore dell’undici di Eriksson. Ma i conti tornano: l’improbabile passaggio in finale dei “bianchi” serve a completare il puzzle della trama. Tant’è vero che l’ultimo atto si concluderà tristemente per i sudditi di Sua Maestà.
VOTO: 7


Evviva l'Home Video...

... che mi ha salvato!
Ultimamente al cinema c'è solo feccia... hanno concentrato i 2-3 blockbuster tutti insieme, con qualche puntatina di qualità,e ora ti tocca attendere fino al 23 Maggio quando uscirà Pirati dei Caraibi. Quindi, giusto per non lasciare in bianco il blog, spazio anche all'Home Video: meno costoso, più facile da reperire, più adatto alle serate tra amici...
Due recensioni, tanto per cominciare: del resto, questo è "cinemaeoltre", non "solocinema"
Salute!!!

martedì 8 maggio 2007

KUBRICK COLLECTION


Come al solito Ciak si conferma settimanale all'avanguardia...
Amici del grande cinema, non so se lo sapevate, ma mi sembra il caso di condividere con voi questa notizia: con il mensile sopra citato sono in vendita (10 EURO L'UNO, di fronte a capolavori è una cifra irrisoria) tutti i film di Kubrick e pure, ma solo PER MAGGIO, Quarto Potere...
Io la butto lì, sperando che qualcuno in edicola ci corra davvero!!! ;-)



Qualcuno mi spieghi...


Perchè questo signore che vedete in foto qui sopra (Stefano Disegni) deve massacrare "300" di Zack Snyder per una mancanza di verità e approfondimento storico?
Non sono certo il tipo che censura i pareri degli altri, ci mancherebbe, eppure nell'ultimo numero di "Ciak", le accuse del celebre fumettista mi sembrano fuoriluogo: chiariamo che a me il film è piaciuto un sacco... e che ad altri può anche non piacere...
Però, se permettete, a mio avviso la pellicola, dal momento che nasce come trasposizione cinematografica di un fumetto, non deve essere giudicato dal punto di vista storiografico: intendo dire che si può anche criticare, ma a mio avviso si dovrebbero ricercare motivazioni più fondate (ad esempio, per chi l'ha visto, i dialoghi della moglie di Leonida, che sembrano scritti da Eduardo De Filippo)

A volte mi domando...

Perchè il marketing non è un po' più onesto???
Epic Movie è una schifezza colossale (a breve la recensione, ma il voto è "ZERO" e posso anticiparvelo), che non fa ridere per nulla.
Io capisco che certi produttori devono tirare a campare, ma, cavolo, scervellatevi e fate qualcosa di bello: Epic Movie è la sagra dell'antirisata... Sembra un film sforzato, fatto apposta per fare incazzare (un po' come Colorado Caffè del primo anno: trasmissione odiosa, comici stupidi nel senso più grezzo del termine e battute col contagocce o da asilo nido)!
E io come un babbeo ci sono cascato: i 7 euro e mezzo spesi peggio della mia vita... Se siete intenzionati ad andare, fate pure... poi però non dite che non vi avevo avvertiti...

Correzione al ragnetto!!!

Ho rivisto il film la scorsa domenica: devo ammettere che il voto è troppo alto.
Lo so che un critico dovrebbe prima soppesare tutto, diciamo che ho commesso una leggerezza e mi sono lasciato spingere dall'entusiasmo per l'anteprima.
Il voto, modificato, è 7.5, che mi sembra anche più consono al commento che potete leggere.
Scusate scusate scusate

PS: Dei 3 film per il Spiderman 2 rimane il migliore: sarà che Octopus è sempre stato il mio nemico preferito!!!

mercoledì 2 maggio 2007

Per cominciare... IL FILM DELL'ANNO: ANTEPRIMA DI SPID3RMAN


SPIDERMAN 3
Di: Sam Raimi
Con Tobey Maguire, Kirsten Dunst, James Franco, Thomas Haden Church, Topher Grace
Genere: Fantasy
Durata: 140’

Commento: Seguire in anteprima mondiale un film come Spiderman 3 è rendersi soprattutto conto che il mercato internazionale sta forse accorgendosi un po’ di più di noi. 900 pellicole per un blockbuster assolutamente americano, che il 1° Maggio sono sbarcate nel nostro paese, lasciando con un palmo di naso molti altri cinofili europei e pure alcuni stati del Nuovo Mondo. Oggi è prevista l’uscita “per tutti” (si intende a livello mondiale, e non osiamo quantificare o profetizzare gli incassi), dunque la recensione cade a puntino per appassionati del genere (e non).
Il vero cruccio dei fans del ragno volante è questo: riuscirà Sam Raimi a concentrare in poco più di due ore di pellicole 3 nemici credibili? E soprattutto riuscirà a produrre un sequel che, a differenza di tante altre saghe fumettistiche (Batman Forever sia sufficiente come esempio), non riduca l’attesa ad una mera operazione commerciale povera di verve e tensione ma ricchissima di milioni di dollari?
Risposta affermativa in entrambi i casi: e si comincia a pensare che la vera forza della trilogia stia proprio nella mano del regista, che, a differenza degli altri eroi Marvel, ha scelto di fare da padre all’Uomo Ragno per tutta la serie sin qui prodotta. Un marchio di fabbrica visibile nei colori, ma soprattutto nella regia, mai banale, ricca di intuito e di fascino vertiginoso nella scene di calci e pugni lungo i grattacieli.
La prima ora di film, a dire il vero, non sembra convincere: qualche spunto degno di nota ma, dopo la pregevole intuizione di introdurre i 3 cattivi subito in medias res (per non appesantire il tutto, in questo caso, non era il caso di dilungarsi troppo in presentazioni), i dialoghi troppo teatrali fanno pensare ad un flop. Sbagliatissimo, Sam Raimi comincia il suo crescendo, e la bravura sta nell’alternare, senza mai esaurire (a parte, obviously, nel finalone), il ruolo dei 3 famigerati New Goblin, Sand-Man e Venom oltre che le parti più psicologiche, vera malta che fa dell’edificio del film una pellicola diversa dai soliti fumetti. Non manca la comicità (memorabili alcune uscite del solito direttore di giornale per il quale Peter Parker lavora e del cameriere del ristorante di lusso), mentre Thomas Haden Church è veramente perfetto nel suo rabbioso e tormentato stordimento per la parte dell’Uomo Sabbia. Sugli effetti speciali parleranno le immagini, mentre per quanto concerne le musiche Elfman (già al pentagramma per Tim Burton) è la solita garanzia. Insomma Raimi non tradisce le attese: peccato per qualche scivolone (il passaggio di Peter Parker al “lato oscuro della forza” avviene con estrema, anzi eccessiva rapidità, ricordando per certi aspetti Jim Carrey in “The Mask”), ma del resto non si può pretendere tutto nel concentrato di 140’ pressati ed emozionanti. Un solo colpo di scena (trattasi di alleanza, ma non sveleremo di più per non prenderci le vostre maledizioni), ma anche quando il film si mantiene sul filo della prevedibilità non dà mai l’impressione di annoiare. Il che rappresenta un gran bel passo avanti!
Da non perdere: Almeno due cose, e solo per essere brevi: i titoli di testa, cambiati rispetto a SpiderMan e SpiderMan 2, inserendo i fotogrammi più significativi dei primi due film. E soprattutto i flashback, giocati sulla luce dal bianco e nero al colore, sulla morte di Ben Parker, lo zio dell’Uomo Ragno assassinato nella prima puntata.

VOTO 7.5

Non solo cinema... perchè?

Da qualche anno a questa parte il cinema è diventata la mia passione principale, unita ovviamente all'atavico amore per il giornalismo e per qualsiasi forma (o quasi) di comunicazione scritta.
Dunque, perchè non provare a galleggiare, nell'oceano di blog che popolano la rete, un po' del mio tempo libero per condividere pensieri e parole, direbbe Battisti, su tutto ciò che con la celluloide ha a che fare?
Come nasce la mia passione? Dal semplice fatto che amo sognare e farmi prendere, e per questo prediligo i fantasy o le spy-story, o meglio ancora dal fatto che reputo la cosiddetta "settima arte" come un reale antidoto alla noia che imperversa tra i giovani d'oggi: sarò anche parziale, anzi ammetto che molti la penseranno all'opposto di me (specie i discotecari, come certi che conosco bene), ma la mia scelta proprio in questa opionione trova un suo punto cardine.
Il "Non solo" comunque è presto spiegato: cercherò di rendere anche diaristico questo blog, balzando ogni tanto anche su qualche polo inesplorato. Non solo cinema (inteso come mere recensioni degli ultimi film visti sul grande schermo o a noleggio), appunto, ma anche aspetti che con la pellicola hanno a che fare (vedi Dvd, anticipazioni, pensieri pseudo-filosofici) o che con Hollywood e dintorni non hanno nulla a che vedere (sfoghi personali, magari, possibilmente non troppo campati per aria).
Prima di cominciare, però, una rapida precisazione: non aspettatevi un Mereghetti, un esperto dell'arte e delle tecniche. Mi sforzerò di affinare i miei commenti, ma sin da subito ammetto che le mie recensioni saranno molto "passionali". Ho sempre visto, ripeto, il cinema come una forza di persuasione che lo spettatore da un lato deve mediare, ma dall'altro pure godere.
Dunque non troppi tecnicismi, e soprattutto nessuna presunzione di onnisapienza.
Inutile sottolineare, a maggiore ragione dopo quanto ho appena evidenziato, che commenti, critiche, contro-recensioni e suggerimenti sono non solo benvenuti, ma quasi obbligatori. Senza paura, qui nessuno mangia nessuno. E soprattutto, se il blog è davvero informazione democratica (speriamo non troppo anarchica), qui tutti possono dire la loro!