mercoledì 7 novembre 2007

Diego per favore piantala lì... :-(



2061 - UN ANNO ECCEZIONALE
Di: Carlo Vanzina
Con: Diego Abatantuono, Sabrina Impacciatore, Anna Maria Barbera, Michele Placido, Andrea Osvard, Massimo Ceccherini, Aldo Abbrescia.
Genere: Comico (100’)
Commento: Povero Dieguito, ormai stritolato dalle leggi del marketing e da un accompagnamento di personaggi sempre più prelevati da Zelig e (si salvi chi può) dal GF, dunque sempre meno adatti ad una recitazione credibile, per quanto comica e surreale possa essere. 2061 di eccezionale ha soltanto il titolo, perchè per il resto Carlo Vanzina conferma di partorire ultimamente film divertenti con il contagocce, limitandosi a stereotiare le battute e le moine degli attori (vedi Chiodaroli e l’immancabile “terrunciello” Abatantuono) senza mai graffiare, nè far ridere veramente. Peccato perchè la trama in sè è abbastanza innovativa (sebbene contaminata dall’ispirazione de “L’armata Brancaleone”). Diego tiene su la baracca come può, ma sembra più che altro perdersi nel suo solito maccheronico linguaggio, che fa delle storpiature il suo pezzo forte. Soltanto Sabrina Impacciatore si conferma spalla all’altezza, mentre sulle recitazioni di Andrea Osvard e Jonathan del Grande Fratello (!!!) sarà meglio stendere più di un velo pietoso. Il film, che dovrebbe, lo ricordiamo, far ridere, risulta noioso e, non bastasse, pure irritante in certi punti, con la monotonia che 2-3 giochi verbali ben riusciti non possono scrostare. Sagra dello stereotipo fine a se stesso, insomma, e spiace che Vanzina millanti ai media nazionali di avere realizzato un capolavoro comico-educativo: la sua narrazione insegna soltanto a disinnamorarsi del cinema all’italiana, perchè rispetto alla commedia del Belpaese, questa “stupidata” che non innova ma si fa becera ripresa di luoghi comuni, viaggia parallela.
Da non perdere: Abatantuono che imita lo slang milanese, condensato nella parte finale del film, a testimonianza di una comicità che arriva a sprazzi, tramite leggere e banali stilettate, e soprattutto lasciata esclusivamente alla verve istrionica di Abatantuono, comunque al di sotto dei suoi standard.

VOTO: 2

Maestosa Cate Blanchett: ELIZABETH parte seconda




ELIZABETH - THE GOLDEN AGE
Di: Shekhar Kapur
Con: Cate Blanchett, Geoffrey Rush, Clive Owen, Abbie Cornish
Genere: Storico (114’)
Commento: La prima annotazione che ci sovviene al termine dello spettacolo di costumi e colori che solo una ricostruzione ambientale puntigliosa può dare è che l’opera di Shekhar Kapur merita sicuramente applausi per il contorno che ha saputo creare (meglio ricreare), lasciando traspirare l’età dell’oro inglese sin nei minimi dettagli. Peccato però che la volontà di romanzare all’eccesso fatti storici di importanza vitale per la successiva storia europea (il crollo dell’Invincibile Armata di Re Filippo di Spagna, un Hitler ante-litteram) non possa essere apprezzata dinnanzi ad un processo realistico spinto, sceneggiatura a parte, ai massimi livelli. La seconda è che non vorremmo nessun’altra regina all’infuori di Cate Blanchett: se davvero Elizabetta doveva avere un volto, non poteva che essere il suo. Maestosa e terribile, nevrotica e leggiadra, spaesata dinnanzi al suo mito che si offusca e combattuta al contempo in un’interiorità che, inevitabilmente visto il ruolo, sfocia nella storia. In una parola, insomma, regale. Convincono anche gli altri attori, peccato che le parti per loro scritturate (ci riferiamo soprattutto a Clive Owen) ne pongano in risalto doti un po’ troppo antistoriche: difficile credere al pirata-Casanova, impossibile pensare che una dozzina di navi incendiarie possa mettere al tappetto una nazione intera. Riuscitissima l’ambientazione dunque (accompagnata da musiche legate a doppio filo), apprezzabile la psicologia di fondo con l’eterno conflitto da Guerra Santa (abbastanza attualizzabile), sballata in pieno la narrazione.
Da non perdere: I costumi di Queen Elizabeth, sovrana da età dell’oro sin nei minimi dettagli.

VOTO: 6

sabato 20 ottobre 2007

Veramente SVALVOLATI... ON THE ROAD



SVALVOLATI ON THE ROAD
Di: Walt Becker.
Con: Tim Allen, John Travolta,
Martin Lawrence, William H. Macy.
Genere: Comico (96’)
Commento: Simpatico e senza pretese. O, come suggerisce il titolo stesso, semplicemente svalvolato. Comunque meritevole, per la verve e la frizzantezza, di almeno una disinteressata visione. Allen, Travolta, Lawrence e Macy sono i 4 dell’Ave Maria, chiamati a far ridere in sella ad una moto: Walt Becker ha il grande merito in regia di non pompare
troppo il materiale a sua disposizione, di limitarsi a gag semplici ma sincere (anche se a volte, lo ammettiamo, un po’ ripetitive) e soprattutto di tagliuzzare con incastri comici quegli effetti serioso-moralistici, dei quali troppo spesso i film comici amano circondarsi con chissà quale fine pedagogico. L’avventura dall’Atlantico al Pacifico di 4 lavoratori
“pensionati nell’anima” diventa il viaggio di Ulisse alla ricerca di Itaca, con mete forzate e problemi che cambiano, senza mai dimenticare l’apparato di risate, l’interiorità dei quattro personaggi. Un film lineare insomma, che non arriverà mai in un concorso di cinema nè
verrà preso come modello da neofiti dilettanti della settima arte, ma che per una buona ora e mezza si lascia guardare piacevolmente, divagando su tematiche leggere e su una trama frivola e sbarazzina. Del resto, se il cinema fosse costruito solo su pellicole toste, sai che noia...
Da non perdere: La presentazione nei primi fotogrammi dei quattro personaggi: i 4 delusi dalla vita si presentano al pubblico, iniettando da subito una verve comica notevole: del resto con quelle facce (anche il mitico Travolta non stona) non poteva che uscirne un film tutto da ridere.
VOTO: 7

giovedì 18 ottobre 2007

V FOR VENDETTA da vedere, leggere, rivedere e rileggere...



V FOR VENDETTA
Di: James McTeigue.
Con: Natalie Portman, Hugo Weaving.
Genere: Fantasy (120’)
Commento: E’ un fumetto, è un’invenzione, eppure coinvolge e fa riflettere come una storia vera. Certo gli effetti speciali sono essenziali alla riuscita del quasi capolavoro, certo le vicende narrate in un futuro visionario sono spinte al limite della credibilità, eppure le dosi di emotività e adrenalina garantite dai fratelli Wachowsky (quelli di Matrix, produttori di questo film) regalano alla cultura popcinematografica una piccola perla che ognuno, anche chi ama solo il cosiddetto “cinema realista”, dovrebbe custodire nella propria videoteca. Il merito è tutto di Alan Moore e David Lloyd che inventano una delle più intense storie ad incastro che carta da fumetto abbia mai conosciuto, e poi cedono i diritti al regista McTeigue per trasporre in celluloide i loro “baloons”. Con un ordine, decisivo e
beato: non cambiare nulla dell’originale, a differenza di tanti altri mostri sacri (vero Stan Lee?), che dinnanzi ai dollari dei produttori, spesso rinnegano l’essenza primaria dei propri supereroi. V è il terrorista nemico del terrore, è il buono costretto alle cattive dalle circostanze, l’essere con più spiccata personalità, che pure si ritrova ingabbiato dietro una maschera per motivi di “privacy” (e, lo scoprirete, non solo). Hugo Weaving (ex Smith di Matrix e re-elfo al servizio di Frodo) sceglie di non strafare fisicamente, accettando un’identità mai svelata, mentre Natalie Portman, splendida e ribelle, è complementare con una recitazione tutta nervi e bellezza. Perderlo sarebbe un attentato...
Da non perdere: Il gran finale, che qui non sveleremo. Un aiutino? C’entra qualcosa
il Big Ben.

VOTO: 9

mercoledì 17 ottobre 2007

wonderfullmatt.blogspot.com presenta NUMBER 23 di Joel Schumacher



NUMBER 23
Di: Joel Schumacher
Con: Jim Carrey, Virginia Madsen, Rhona Mitra, Paul Butcher, Patricia Belcher, Michelle Arthur.
Genere: Thriller psicologico
Durata: 95'
Commento: Walter Sparrow Ë un tranquillo accalappiacani, la sua vita si dipana serena e morbida. Nel giorno del suo compleanno, per una coincidenza del destino, la moglie Agatha gli fa dono di un inquietante libro dalla copertina rossa (Il numero 23). La lettura del volume da parte di Walter, inizialmente scettico a riguardo, diventa ben presto un urgenza, e la sconvolgente somiglianza con la vita del protagonista del romanzo, il detective Fingerling, spingono il buon padre di famiglia in un vortice di nevrosi inizialmente, per poi srofondare nella paranoia ed infine ad un ossessione assassina disegnata dal numero 23. Il soggetto è tratto da un racconto di Stephen King, sceneggiato da Fernley Phillips (a detta di molti, un pupillo di King) per la regia di Joel Schumacher (manco a farlo apposta alla sua 23ima pellicola), e la resa finale non perde molto della suspence morbosa del Re del Brivido. La tensione è assicurata, Jim Carrey è superlativo e spiazzante in questa versione evil della sua maschera solitamente goliardica. La sua interpretazione richiama a tratti la celeberrima vicenda di Jack Torrance (Nicholson), alle prese come lui con il lato oscuro della mente umana, nell’Overlook Hotel di Shining.
Da non perdere: Oltre alle grazie di Rhona Mitra (che regalò le sue avveneti forme a Lara Croft), l'incredibile possibilità dell'esoterico (logico) numero 23 di infiltrarsi nelle piccole quotidianità della vita (oltre ai numerosi cammei dello stesso disparsi nel film), ed attenzione a non finire nello stesso tunnel di Carrey Sparrow!

VOTO: 7.5

Sportfoglio.it presenta: SUNSHINE di Danny Boyle



SUNSHINE
Di: Danny Boyle
Con: Cillian Murphy, Chris Evans, Rose Byrne, Michelle Yeoh, Hiroyuki Sanada, Cliff Curtis, Troy Garity, Benedict Wong, Mark Strong, Nicholas Pinnock
Genere: Thriller Fantascienza (100')
Commento: Lo dobbiamo ammettere: amiamo la fantascienza e Sunshine un poco ci ha deluso. Claustrofobico, gotico, disperato - illuminato - fino a tre quarti diventa banale e caricaturale nell'ultima parte quando Boyle (sì, lo stesso regista disperato e visionario di Trainspotting) cade nella tentazione di uscire dai binari della fantascienza di '2001 odissea nello spazio' per avvicinarsi ad un misto horror/action peraltro poco riuscito e inutile. La trama è presto detta: 2057, il Sole sta morendo. Il genere umano, prossimo alla completa estinzione, si affida al volo dell'Icarus II, una nave spaziale armata con un ordigno nucleare necessario per riattivare la stella. Durante il viaggio, l'equipaggio riceve però un misterioso segnale proveniente dall'Icarus I, scomparsa in una missione analoga sette anni prima a causa di un incidente. Se il nostro voto si avvicina al 6 è solo per una prima parte che cala lo spettatore in un'atmosfera ostile in cui lo spazio infinito è nemico assoluto dell'uomo. Discreta la prova del multietnico cast di scienziati destinati all'inevitabile: nel gruppo spicca lo stralunato e affascinante Cillian Murphy, il fisico del gruppo, occhi di ghiaccio e aria sciupata. Buoni anche i passaggi in alcune scene e, nella prima parte, il ruolo di Clifford Curtis - lo psicologo del gruppo - impegnato a tenere alto l'umore d'un gruppo avviato ad una missione quasi impossibile.
Da non perdere: la passeggiata nello spazio nel tentativo di riparare lo scudo protettivo danneggiato dalla luce solare e l'approdo sull'Icarus I: se il film si fosse mantenuto sugli stessi binari sino alla fine sarebbe stato un capolavoro...

VOTO: 5.5

mercoledì 10 ottobre 2007

28 SETTIMANE DOPO



28 SETTIMANE DOPO
Di: Juan Carlos Fresnadillo
Con: Robert Carlyle, Rose Byrne, Jeremy Renner, Harold Perrineau
Genere: Horror (120’)
Commento: Confrontarsi con un pezzo di nicchia acclamato dalla critica non è mai semplice, ma Fresnadillo lo fa benone, riprendendo il canone cinematografico di Danny Boyle e imponendo la propria mano specie nelle scene di maggiore azione.
Se la prima puntata (“28 giorni dopo”) evocava il terrore senza mostrarlo, incutendo più che altro un’ansia claustrofobica e soprattutto psichica (tema poi ripresa, anche se in genere diverso, sempre da Boyle in “Sunshine”), 28 settimane dopo il virus ritorna passando soprattutto per scene d’azione ad alto contenuto spettacolare, dove la frenesia prende il posto della riflessione e l’orrore entra negli occhi dello spettatore senza passare per il suo cervello. Il risultato è ovviamente lievemente inferiore all’originale, non foss’altro per il fatto che la tecnica psicologica di Boyle era di più difficile resa cinematografica, rispetto al sequel in puro stile action movie di Fresnadillo. I meriti del regista messicano, tuttavia, sono diversi: avere reso interessante una storia tutto sommato simile alla precedente, avere mantenuto un punto d’incontro nell’inconscio di una colonna sonora originalissima per il genere (un sound rock-ambientale che accompagna anche le azioni più cupe dei protagonisti), e soprattutto essere in grado di non allentare mai la tensione: il film parte con tanti volt nel primo fotogramma e, se possibile, nell’ultimo raggiunge un’elettricità ancora maggiore. Attenzione dunque anche a quel che accade dopo i titoli di coda.
Da non perdere: La scena in puro splatter-movie dell’elicottero mozza-teste. La conferma che la sceneggiatura di questa seconda puntata (ma sarà l’ultima?) ha decisamente giocato forte sulla spettacolarità.

VOTO: 7.5

martedì 9 ottobre 2007

Clooney alla Mann: impegnatissimo! MICHEAL CLAYTON



MICHEAL CLAYTON
Di: Tony Gilroy
Con: George Clooney, Ken Howard, Denis O’hare, Tilda Swinton
Genere: Thriller (120’)
Commento: Spartitura classica uguale bel film. L’equazione, che il filone impegnato ormai intrapreso con coraggio e passione da George Clooney, funziona, a patto però che lo spettatore si prepari ad un thriller a basso contenuto spettacolare (gli action-movie viaggiano su una linea parallela, per intenderci) e dall’elevata componente di dialoghi psicologici. L’aggiustaprocessi Micheal Clayton lotta per la causa della vita, senza sapere che molto presto dovrà salvuaguardare anche la propria pellaccia. E’ un film indirettamente di denuncia (nessuna multinazionale citata esiste davvero), che presenta uno spaccata sulle magagne (spesso mortali) della giustizia americana (mondiale). Una pellicola dove la trama si intensifica man mano che la storia procede, con Clooney (ancora una volta perfetto) a reggere le fila del discorso, anche quando sembra ormai caduto nella trappola per topi tesagli dai potenti. Importante la recitazione di Ken Howard, vera vittima del sistema, autentico anello di congiunzione tra il dipendente-magnate senza scrupoli e il cittadino-pentito che rivuole la propria giustizia. Una sceneggiatura alla Micheal Mann, che non va mai sopra le righe, mantiene un’intelaiatura senza colpi di testa riuscendo a colpire nelle parti più riflessive e psicologiche, quelle, guarda caso, con Clooney-Clayton in primo piano. Decisamente impegnato (troppo?), dunque da vedere dopo 10 caffè.
Da non perdere: Il film ha partecipato all’ultimo Festival di Venezia ed arriva nelle sale, rispetto al solito, con insospettabile puntualità.

VOTO: 7

Spiegatemi il titolo, ma soprattutto spiegatemi il film: RX-STRADE SENZA RITORNO



RX-STRADE SENZA RITORNO
Di: Ariel Vromen
Con: Eric Baldour, Lauren German.
Genere: Drammatico (86’)
Commento: Sarà che il Road Movie ultimamente non va molto di moda, sarà che non puoi affidarti ad attore semi-sconosciuti per tenere a galla una sceneggiatura che fa acqua un po’ dovunque, sarà che se poi non metti il ritmo tra gli ingredienti di un film facilone su sentimenti, problemi e trasgressioni della post-adolescenza, la torta non può uscire ben lievitata. Fatto sta che “Rx - Strade senza ritorno” è il classico film da vedere solo in assenza di alternative. E forse nemmeno in quel caso. Il viaggio verso il Messico delle facili scappatelle diventa per tre giovani del Nord Usa un semplice mordi e fuggi per accaparrarsi le famose pasticche blu. Con, banalie, conseguenze out of control. Non c’è una sola scena che risulti un filo inattesa, non un solo fotogramma dove la disperazione, la preoccupazione, l’ansia e l’attesa non vengano banalizzate: accostare frame in sequenza è tecnica elementare e se poi i nostri protagonisti non sanno che farsene dell’espressività, il risultato è davvero scadente. Il finale ha l’unico guizzo, dal quale scaturisce l’unico evento che probabilmente in pochi si sarebbero aspettati, ma anche qui per giustificare il momento clou, il regista ricorre ad un’incompresione linguistica assolutamente ingiustificata per chi vive a pochi chilometri da un confine di stato. Insomma il problema della droga meritava ben altro trattamento, ammesso e non concesso che, dopo tanti capolavori (vedi “Trainspotting”) sia ancora possibile misurarsi sullo stesso campo con possibilità di successo. Questo non è certo il modo.
Da non perdere: Quantomeno singolare il fatto che il protagonista Eric Baldour parli uno spagnolo fluente e corretto per tutto il film e poi, quando occorrerebbe davvero essere poliglotta, si esprima in italiano(-americano).

VOTO: 3

giovedì 4 ottobre 2007

Vorrei vivere soltanto di film del genere GUIDA PER RICONOSCERE I TUOI SANTI (ovvero, quando il cinema si fa perfezione)



GUIDA PER RICONOSCERE I TUOI SANTI
Di: Dito Montiel.
Con: Robert Downey Jr., Shia LaBeouf, Chazz Palminteri, Dianne Wiest, Channing Tatum, Melonie Diaz, Martin Compston, Rosario Dawson, Eric Roberts.
Genere: Drammatico (96’)
Commento: Un’opera autentica, perché tratta da una storia vera e diretta dallo stesso personaggio (Dito Montiel) che quegli eventi li ha vissuti sulla propria pelle, l’unico dunque in grado di trasmetterli in maniera davvero acuta. Un film commovente, che rinuncia alla retorica del melenso o alla presa di posizione di forza tarantiniana, che non ha bisogno di frasi fatte né di mostrare gli eccessi della violenza, semplicemente sa mediare tra i due poli con eleganze e stile. Infine, tecnicamente, una telecamera originalissima, che gioca con le immagini, la fotografia, i suoni, proponendo innovazioni che rendono suggestivo ed evocante la storia stessa narrata, senza scordare di schiodare la fissità della distinzione passato-futuro, in un continuo rincorrersi delle due dimensioni nella presente redenzione del personaggio. Dito Montiel vivacchia in una compagnia non proprio indicata, eppure non sputa nel piatto in cui ha mangiato, è a metà tra i bullo e l’oppresso, oppresso soprattutto da un padre che odia e ama allo stesso tempo, dai più classici problemi adolescenziali, dall’amicizia tormentata per Antonio, lui sì, vero bullo, ma non solo per limiti suoi. Lascia tutto Dito Montiel, perderà tutto. Ma, in un crescendo emotivo che arriva alle lacrime, tutto ritroverà nella parentesi finale, quando il tempo non sembra nemmeno trascorso, se non per quei segni sul viso, unica testimonianza di un uomo, che in fondo è rimasto ragazzo. Puro, semplice e al contempo sentitissimo, questa “Guida” è un capolavoro assoluto, imperdibile di verismo storico-societario e di sentimenti di “strada” ripuliti dalla spazzatura retorica.
Da non perdere: Il finale pare un po’ affrettato: ma è bello pensare che Dito Montiel (e il produttore Sting) abbiano scelto appositamente questa strada, per non creare morali ad un film che ha il grande merito di insegnare senza lasciarlo credere.

VOTO: 10

Moralismi a parte... un sequel "gradevolino" UN'IMPRESA DA DIO



UN’IMPRESA DA DIO
Di: Tom Shadyak
Con: Steve Carrell, Morgan Freeman, John Goodman
Genere: Commedia (93’)
Commento: La domanda sorgeva spontanea: sarà mai possibile realizzare un sequel ad hoc senza la verve irresistibilmente facciale di Jim “The Mask” Carrey? E in questo senso alcuni esperimenti riferiti ad altre saghe (“Scemo e + Scemo 2” oppure “The Mask 2”) non erano certo confortanti, vista l’incapacità degli attori sostituti di confrontarsi sullo stesso campo. Dunque Tom Shadyak ha pensato bene di rinverdire la sua prima pellicola, inserendo in cast l’emergente Steve Carell (“40 anni vergine”), che in “Una settimana da Dio” aveva una “partucola” come giornalista di un tg locale e confermando Morgan Freeman nei panni di un Onnipotente pacato e ironico, azzeccato nella sua trasposizione moderna. Il risultato, comunque non ai livelli della sua prima parte (specie perché assai più prevedibile), è gradevole e la confezione esteriore punta decisamente su un terreno differente rispetto a quello studiato per Jim: meno spazio all’attore principale e gag meno fisiche e più riflettute, dettate soprattutto dalla partecipazioni di un numero non comune di animali e da alcuni travestimenti decisamente fuori moda. L’episodio biblico dell’Arca di Noè rinasce a Buffalo, e tutto si incentra sulla lotta del politico in carriera Evan Baxter (appunto Carrell) chiamato a combattere contro gli squali della finanza (e della corruzione) locali (su tutti John Goodman, e scusate il cast!). Vincendo la sua battaglia, ma solo dopo rigoroso pentimento (e umiliazione) dettato dall’alto. Perché in fondo il successo non è mai stato un… diritto divino.
Da non perdere: In mezzo a tante battute moralisteggianti ed ecologiste (alcune anche a livello elementare), colpisce il suggerimento che Freeman-Dio offre alla moglie di Evan Baxter, subito dopo la scelta di “spezzare” la famiglia…

VOTO: 6.5

venerdì 28 settembre 2007

In collaborazione con maleducarlo.blogspot.com I SIMPSON - IL FILM



THE SIMPSON - THE MOVIE
Di: David Silverman, Matt Groening
Genere: Animazione (87’)
Commento: Divertenti, “politically uncorrect” e… Gialli! La famiglia Simpson debutta sul grande schermo, dopo 15 anni di cartoon (20 negli Stati Uniti), e supera l'esame a pieni voti. Matt Groening e David Silverman (già regista di “Moster&Co.”) confezionano una “extended version” che conquista appassionati e non: spazza presto via le ansie di un pubblico abituato ai tradizionali “25 minuti pomeridiani”, ma conquista anche i “debuttanti” con un lungometraggio che esce dalla saga e funziona benissimo da solo (restano chiari i riferimenti alla serie con il cammeo “Grattachecca e Fichetto” e la sigla iniziale). “I Simpson - Il film” perde qualcosa nella rapidità di satira rispetto al cartoon, ma il cinismo, la capacità di mettere alla berlina vizi, paure e false certezze del mondo occidentale rimane intatta: “Chi è disposto a pagare per vedere una cosa che può guardare gratis in tv?” si chiede Homer dopo solo pochi minuti di proiezione. Springfield si trova nel bel mezzo di un disastro ambientale causato da Homer e, mentre il Governo risolve il problema alla sua maniera, sarà compito della famiglia Simpson salvare l'amata città. Una menzione particolare meritano le gag di “Spiderpork” e Tom Hanks, testimonial di un Governo a corto di credibilità. In un periodo di cartoon in “computer grafica” molto apprezzabile il fatto di avere mantenuto lo stile grafico originale.
Da non perdere: l'esordio assoluto di Arnold Schwarzenegger nell'improbabile ruolo di presidente degli Stati Uniti (nel cartone la parodia del governatore della California è affidata al personaggio di Rainer Wolfcastle)

VOTO: 8.5

Azione allo stato puro: SMOKIN'ACES



SMOKIN' ACES
Di: Joe Carnahan
Con: Ben Affleck, Andy Garcia, Alicia Keys, Ray Liotta, Jeremy Piven, Ryan Reynolds, Peter Berg, Taraji P. Henson, Chris Pine, Martin Henderson
Genere: Azione (100’)
Commento: Un action movie così leggero non si ricordava da tempo: leggero di contenuti (la solita storia, diranno molti. Che però non annoia, aggiungiamo noi), leggero di trama (con qualche banalità, ma molto pepe, per quanto atteso, nella coda), pesante, invece, anzi pesantissimo nella resa visiva delle scene più cruente. Un omaggio mal riuscito a Tarantino oppure un'opera indipendente, slegata dal pulp di Quentin? Propendiamo per la seconda ipotesi, anche se la matrice è comune: fumettara e un po' pop, con slang e personaggi creati ad arte, moderni geni del male che un poliziotto molto poco “baloon” è chiamato a sconfiggere ad uno ad uno, come suggerisce la cultura da videogames. Non aspettatevi filosofia né tantomeno religioso, prendete il film per quello che è: un inno all'intreccio e all'uno contro tutti, che esalto film molto più prondi (come “Scarface” per intenderci). Del resto, se un copione convince gente come Andy Garcia a farsi assoldare, proprio da buttare non dev'essere. Ci sono stati thriller migliori, questo nessuno lo nega: l'importante è porsi nella giusta predispezione d'animo di fronte a “Smokin' Aces”. Quella di chi dalla propria visione chiede solo adrenalina a fiumi e spensieratezza un po' sadica.
Da non perdere: I vari sicari chiamato ad uccidere il prestigiatore-mafioso Buddy “Aces” Israel: ognuno presentato con una scritta in sovraimpressione. Come nei fumetti, come volevasi dimostrare.

VOTO: 7

lunedì 17 settembre 2007

Aspettando i Simpson... VI DICHIARO MARITO E... MARITO



VI DICHIARO MARITO E... MARITO
Di: Dennis Dugan
Con: Adam Sandler, Kevin James, Jessica Biel
Genere: Commedia (115’)
Commento: Il concetto è abbastanza chiaro: se si interpreta il film come uno squarcio di vita reale, inerente, tra l’altro, ad un tema di scottante attuale come quello dei matrimoni gay, allora Dennis Dugan ha fatto un bel buco nell’acqua, riuscendo a confezionare una pellicola capace di fare arrabbiare sia il Vaticano, sia la comunità gay. Il tutto però non, come ci si potrebbe aspettare, passando non per un politically uncorrect graffiante e spiazzante, ma per una mistura di sentimenti superficiali e di gag improvvise e, forse per questo, abbastanza banali. Se invece, dimenticando tutti i risvolti psicologici che un’opera per il grande schermo porta con sè, ci accontentiamo dell’apparato comico e dall’innata simpatia di Adam Sandler (vero re Mida della commedia all’americana sboccata e spesso spinta) allora possiamo trarne un giudizio assolutamente positivo. Lo stereotipo insomma all’ordine del giorno, il che fa spanciare senza grosse pretese. Kevin James ben si compensa con la primadonna del cinema, mentre l’astro nascnete di Jessica Biel, dopo avere sorretto un mito come Norton in “The Illusionist”, si accontenta di una partucola “fisica” più che dialogata. Ci sta, come detto, ma è una scelta che è specchio del film. Carino, divertente e svagante: ma di fronte a certi temi forse un pizzico di attenzione in più non guastava. Benigni, giusto per citare un nostrano dalla risata impegnata, è su un altro pianeta.
Da non perdere: Alcune figure, autentici flat characters: dal prete del matrimonio gay, al postino, al vigile del fuoco di colore. Macchiette gustose, non di più.
VOTO: 6

martedì 4 settembre 2007

L'orco verde non delude... ma nemmeno entusiasma SHREK TERZO



SHREK TERZO
Di: Chris Miller, Raman Hui
Genere: Cartone animato (83’)
Commento: Chi è causa del suo mal pianga se stesso! Non che il proverbio calzi proprio a pennello per questo cartoon al solito irriverente, ironico e scanzonato anche quando affronta (forse per la prima volta) un tema “intellettuale” come la morte, ma proviamo a capirci! Isolato dal contesto il film meriterebbe forse un voto maggiore di quello che leggete a fianco. Ma Shrek Terzo (titolo arguto) non può prescindere dalle prime due orme (e che orme!) lasciate dai suoi eroi nella storia del cartoon in digitale. Troppo superiore in particolare il secondo episodio, per non restare addirittura un filino delusi dinnanzi a quello che rimane comunque il solito metraggio Dreamworks ben studiato, ben confezionato, ben mirato ad un pubblico di bambini grandicelli. Si ride spanciandosi di rado, senza mai avere l’impressione di godersi la vicenda senza interruzioni. Fatta salva la trama (sempre puntuale, ma mai ridondante, la volontà di incamerare in questa favola moderna i personaggi degli antichi racconti Disney e non solo), manca quella verve “mozzafiato” che da un cartoon del genere ci si attenderebbe. Personaggi come Uncino e Merlino restano impressi nell’immaginario, certo, e anche il carnascialesco rovesciamento tra Shrek e Azzurro è spassoso... Eppure dopo quasi 90’ il sorriso risulterà un po’ stiracchiato.
Da non perdere: La parodia, tagliata su misura, del College americano medio: c’è il macho Lancillotto, gli “sfigatelli” che passano il tempo a giocare a dama medievale, e Arty, il calpestato per eccellenza. Forse il momento più spassoso, in continuità, dell’intero film.
VOTO: 7

lunedì 3 settembre 2007

Già usciti in dvd parte II: UNA NOTTE AL MUSEO



UNA NOTTE AL MUSEO
Di: Shawn Levy
Con: Ben Stiller, Robin Williams, Owen Wilson
Genere: Comico/Fantasy
Durata: 108’
Commento: Un T-Rex che cerca il suo osso, Owen Wilson ridotto a miniatura texana, Robin Williams che fa il Roosvelt a cavallo con tanto di baffetti, Gengis Khan piagnucoloso e australopitechi che si accalcano per un accendino. In mezzo a tutto questo (mettiamoci pure una scimmia dispettosa che mena le mani) capita Ben Stiller, guardiano di museo improvvisato per non perdere l’ultimo legame con la famiglia (il figlio, che può vedere soltanto un giorno la settimana dopo il divorzio) e soprattutto la sua reputazione. Il film parte piano, e ingrana con lo svolgersi degli eventi: fa ridere a sprazzi, sfrutta tutte le metafore del fantasy (vedi il “deus ex machina” del faraone egizio) e qualcosa riconosce anche al cinema d’amore, con la storia lontana anni luce di Roosvelt con una simil-Pocahontas. Certo non ha grandi pretese (o almeno si spera: la banalità regna sovrana, e in una pellicola dedicata anche ai più piccini, non potrebbe essere altrimenti) ma come commedia carica di effetti speciali merita una sufficienza piena. Peccato per il regista che il paragone con il fortunatissimo “Jumanji” sia sotto gli occhi di tutti: anche lì magia nera, anche lì oggetti inanimati che impostano casini peggio delle simpatiche canaglie, anche lì, soprattutto, il guru Robin Williams...
Da non perdere: Occhio al nome della casa di produzione: 1492 Pictures. E infatti Cristoforo Colombo (o meglio la statua parlante del grande esploratore) è il personaggio forse più spassoso: parla poco, ma quando lo fa, in stretto dialetto genovese, si sente e si gode.
VOTO: 6

Già usciti in dvd: BLOOD DIAMOND



BLOOD DIAMOND
Di: Edward Zwich
Con: Leonardo Di Caprio, Jennifer Connelly, Djimon Hounsou
Genere: Drammatico
Durata: 143’
Commento: Peccato per quel finale, per quel trionfo di retorica e buonismo che decisamente stona con il film. D’accordo, Hollywood è contrario alla mancanza di “happy end”, ma dopo un lirismo di livello altissimo per tutta la pellicola gli ultimi minuti paiono spaesanti (e non solo per il passaggio continentale Sierra Leone-Londra) e, con occhio criticissimo, pure fuoriluogo. Eppure l’opera di Zwich è intensa, ben narrata e ben girata, con riprese da capogiro degne della parte più amata (quella naturale) dell’Africa Nera. Non manca neppure la drammaticità, ci mancherebbe: bambini fatti soldati, villaggi incendiati, cattivi tanto spietati da apparire ancora più veri. Nulla di esagerato, solo la nuda e cruda verità, con un Di Caprio che conferma la sua parabola ascendente (ormai decollata da un pezzo), con un Djimon Housou decisamente a suo agio in panni “veristi”, con una Jennifer Connelly giornalista in gamba (anche se forse poco “approfondita”). Il tema trattato (anzi denunciato) ha fatto tremare i ricconi d’America e non solo: un diamante è per sempre, la guerra, pare, anche. Peccato dunque solo per quel finale. Comunque consigliato, anche solo per capirne di più.
Da non perdere: La battuta di Leo Di Caprio quando Jennifer Connelly gli fa notare che “il mondo sta cadendo a pezzi”. La risposta è una condanna in piena regola alla retorica delle frasi fatte: “E quando mai è capitato che il mondo non cade a pezzi!”. Illuminante.
VOTO: 6.5

PATHFINDER, una delusione vichinga (non che mi aspettassi molto, ma...)



PATHFINDER
Di: Marcus Nispel
Con: Karl Urban
Genere: Storico/Avventura (110’)
Commento: Marcus Nispel mostra tutta la sua bravura... nel fare altro. Il celebre autore di parecchi, gradevoli videoclip, nonchè regista del remake di “Non aprite quella porta”, regala alla propria capacità visionaria e fotografica le atmosfere cupe e a tratti gotiche dell’America del Nord, attaccata (storicamente) senza pietà da orde di vichinghi, barbarizzati come la più scolastica delle iconografie prevede. Gli invasori uccidono, non risparmiano bambini o donne incinta, non fanno prigionieri, perchè ciò che resta dopo il loro passaggio è terra bruciata. Dimenticano però (volontariamente) un giovane ragazzo, che gli indigeni poi chiameranno “Fantasma”, allevato dagli stessi indiani e pronto, una volta raggiunta la maggiore età, a vendicare il sopruso subito dalla sua stirpe adottiva. La trama, di per sè epica ai limiti dello scontato (la storia di Tarzan suggerisce nulla?), scade nel banale quando il dialogo principale si limita a monosillabi stiracchiati, evidenziando, se ce ne fosse bisogno, quanto le parole diano densità anche ad un buon film d’azione o d’avventura. Le immagini forti (mai oltre il limite del sopportabile: anche in questo Nispel non lascia il segno come un certo Gibson) restano quadri astratti e, spesso e mal volentieri, slegati tra di loro, con ellissi spazio-temporali inspiegabili e con evoluzioni leggendarie, ma umanamente inammissibili (Fantasma risparmiato dai feroci nemici, che poi da solo elimina un intero esercito? Mah). Insomma, un applauso sincero alla fotografia, ma al cinema, specie in questo genere di storie, la tecnica “Quark” non basta. Nispel è un ottimo colorista e un grande impressionista... peccato che fare film sia un’altra cosa.
Da non perdere: La soluzione finale adottata da Fantasma. Possibile che i vichingi, dominatori di mari e di buona parte del medievo, fossero così stupidi?
VOTO: 3

Nella mente di un mago: HARRY POTTER E L'ORDINE DELLA FENICE



HARRY POTTER E L'ORDINE DELLA FENICE
Di: David Yates
Con: Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint, Jason Isaacs, Helena Bonham Carter
Genere: Fantasy (140’)
Commento: La fortuna di questa serie da vedere e rigustare, giunta ormai al terzultimo episodio, sta forse proprio nella sua varietà. Battute da Camera Cafè a parte (in molti considerano la saga del maghetto superficialmente come una noiosa iterazione favolistica e poco altro), dopo un quarto episodio tutta azione, “L’ordine della Fenice” restituisce ad Harry Potter le tinte fosche e la psicologia densa d’ombre d’inquietudine, che già “Il prigioniero di Azkaban” aveva confezionato. Non per nulla questo quinto episodio è (assieme proprio a quel terzo) il migliore in assoluto, perchè non lascia nulla al caso, aggiunge nuovi personaggi, e dipana una trama che comincia ad infittirsi di magic-storie (o a contornare, cum grano salis, le precedenti), ma non perde mai il filo del buon senso e della chiarezza. La magistrale sceneggiatura di David Yates non sarà gradita ai lettori (parecchi i tagli), ma ha il merito di svelare pian piano alcune verità nascoste, che sottendono a nuovi paragrafi di un finale ancora tutto da scrivere. Chi dice che nel corso del film non succede nulla, probabilmente analizza soltanto il fotogramma iniziale e quello finale, lasciando perdere un intermezzo assai godibile, e che pure fa riflettere. Tutto resta al punto di partenza, in effetti, ma lo fa dopo due ore e mezza dalla insistita carica emotiva, che spesso subentrano in una sfera metafisica (la mente di Harry) mai così reale e vissuta per un adolescente. Il tema della ribellione, must del film, aggiunge infine un pizzico di storicità al plot, gonfiando l’attenzione (e il tifo) della platea.
Da non perdere: Per una volta il vero Oscar lo regaliamo ai responsabili del casting: Luna Lovegood, Bellatrix Lastrange e Dolores Umbridge trovano in Evanna Lynch, Helena Boham Charter e Imelda Staunton tre magistrali interpreti. La mano della Rowling, regista occulta delle selezioni, si sente eccome.
VOTO: 8

giovedì 30 agosto 2007

Thriller dell'anno? Semplicemente buon film... DISTURBIA



DISTURBIA
Di: D.J. Caruso
Con: Shia LaBeouf, David Morse, Sarah Roemer, Carrie-Ann Moss
Genere: Thriller (104’)
Commento: Prendi Hitchcock, una finestra sul cortile, uno spietato assassino che asseconda istinti prima sessuali, poi omicidi. Aggiungi l’attore più in voga degli ultimi tempi (il bravo LaBeouf, che però deve farne di gavetta prima di arrivare alla credibilità di nuovo Tom Hanks) e una campagna pubblicitaria sparata su tv e radio ad alta frequenza voltaica. Otterrai “Disturbia”, film carino e nulla più, forse rimasto bruciato proprio da una campagna mediatica eccessivamente ambiziosa, atta a proporre il thriller di Caruso come il film dell’estate (e una delle pellicole dell’anno) e a mistificare nell’attesa quello che in realtà è un’opera senza pretese, come molte se ne trovano nella storia del cinema. Paura? Certo. Tensione? Anche. Colpi alle coronarie? Concentrati soprattutto nell’ultima parte del film. Non manca nulla insomma, ma è un “tutto” che si perde nel già visto, nel trito e ritrito. Nulla di nuovo in pratica, ma un apprezzabile deja vu, che consente di trascorrere 100’ di rapidità e adrenalina, ma che, stringi stringi, ripropone schemi, moduli (e a volte dialoghi) della più classica trama thriller, tanto che il finale è già in scena dopo metà pellicola, prevedibile, previsto e architettato sin nei minimi particolari. Manca in particolare la psicologia famigliare, teoricamente il vero, unico motore della vicenda (perché il giovane è agli arresti domiciliari?), che poi si eclissa dietro al nuovo amore che sboccia per la vicina di casa. Consigliato, insomma, ma senza aspettarsi una pietra miliare della cinematografia mondiale.
Da non perdere: L’ossessionante rapporto del giovane La Beouf con la cavigliera anti-fuga. In avvio il fastidio è persino fisico, sul finale l’aggeggio di prigionia rivelerà insospettabili scopi esattamente contrari a quelli per i quali è stato costruito. Il gioco “di specchi” tra telecamera e monitor del pc: intrigante, inquietante.
VOTO 6.5

Un mese di ferie... oggi cinemaeoltre riapre

Il cinema d'estate ha un po' deluso le attese, dico la verità... Metteteci il sole, il mare e le piadine e capirete perchè per un mese non ho proferito parola...
Oggi però riapriamo ufficialmente i battenti: ci sono almeno 4-5 film dei quali voglio parlarvi, giusto per cominciare!

venerdì 20 luglio 2007

"Io uccido" diventa un film



So di essere fuori tempo massimo (il libro è uscito 3 anni fa circa), ma, tant'è, l'ho appena letto e sono rimasto colpito dalla capacità di Giorgio Faletti: la trama è spaventosamente avvincente, la limpidezza e la varietà di scrittura quasi indescrivibile, il pathos ai massimi livelli, con classe...
Sapere che tra il 2008 e il 2009 è prevista l'uscita del film mi rende impaziente: "Io uccido" è stato uno dei pochi libri che veramente mi ha preso (ho letto le quasi 700 pagine in un fiato, esattamente in 3 giorni secchi) e l'unico, forse, che mi ha portato con l'immaginazione sui luoghi e le azioni del romanzo. Per questo, avere immaginato come sarà il film, mi porta a fare un grosso in bocca al lupo a Jon Avnet ("Pomodori verdi fritti..."), chiamato a dirigere la pellicola. Vi giuro che se sbaglia qualcosa, vado là e poi... io uccido!!! ;-)

domenica 8 luglio 2007

THE ILLUSIONIST (presto in home video... dicono)



THE ILLUSIONIST
Di: Neil Burger
Con: Edward Norton, Paul Giamatti, Jessica Biel
Genere: Thriller
Durata: 110’
Commento: Che un gladiatore potesse mettere in crisi un Impero lo sapevamo, dopo la lezione di grande cinema (sebbene con pecche anacronistiche) di Ridley Scotty. Che pure un prestigiatore, il senza-patria Eisenheim, tratto direttamente dal romanzo di Millhauser, vi riuscisse, non era invece poi così scontato. E pazienza se l’Impero Asburgico qui presentato non ha né la potenza né i mezzi del grande colosso Romano ante-Cristo… L’idea va premiata, perché in questo film gli ingredienti per entusiasmare ci sono tutti: una storia lenta ma mai pedante (né pesante), una trama avvincente e che ti sembra di chiara decifrazione finchè scopri, giusto prima dei titoli di coda, che tutto è – appunto - un’illusione e nulla è come sembra. E poi ancora: fotografia eccellente e realista di una Vienna ricostruita a Praga, dialoghi che lasciano il tempo che trovano in avvio (vera pecca, forse l’unica, del film) ma poi si riprendono con gli interessi, atmosfera giallo ocra-retrò azzeccatissima, colonna sonora che accompagna ma non deborda e pure la storia d’amore, vero motore della vicenda, un po’ retorica in certi punti ma senza stonare eccessivamente. Se poi c’è Edward Norton, vietato perdersi lo spettacolo… Anche se, a nostro avviso, stavolta l’attore feticcio Paul Giamatti fa addirittura meglio, in un ruolo-snodo per tutta la vicenda.
Da non perdere: Cancellate “The Prestige” e non pensate subito male (plagio? Macchè). I due film non hanno nulla in comune, ad eccezione dell’avvio, che trasforma lo svolgimento della pellicola in un godibilissimo flashback.
VOTO 7.5

sabato 7 luglio 2007

Frank Miller invece non sbaglia mai: 300



300
Di: Zack Snyder
Con: Gerard Butler, Lena Headey, David Wenham, Dominic West, Vincent Regan, Rodrigo Santoro
Genere: Storico/Fantasy
Durata: 117’
Commento: Sacrificate la vostra sete di verità e otterrete un miracolo di computer graphic, due ore di epica allo stato puro e quadri di riprese come nemmeno il migliore degli impressionisti. Zack Snyder (ma almeno un buon 60% del merito va a Frank Miller, la cui mano, da padre-padrone dell’ennesimo fumetto pulp si sente assai dietro la cinepresa) centra in pieno il bersaglio: sfrutta qualche spunto storico affermato dalle fonti greche più autorevoli (sebbene per un episodio avvenuto nel 400 a.C. – la battaglia delle Termopili appunto – sarebbe il caso di parlare di leggenda più che di storia) e poi ricama con colori pastello dal notevole impatto visivo, montaggio sonoro ad hoc e una serie di dialoghi a metà tra la magniloquenza del passato e una spavalderia tutta moderna (e fumettistica). C’è chi critica l’inserimento dei mostri, lo stravolgimento della realtà: è una scelta consapevole, che per questo va accettata ed esaltata, e che forse semplicemente intende mostrare in soggettiva la visione contorta che gli europei (gli Spartani nel caso specifico) avevano del “mostruoso et fantasticissimo” Oriente.
Proprio non capiamo la polemica politica su evidenti (ma dove?) attacchi all’Iran e ai “barbari” odierni… A volte, quando non si hanno spunti di critica, ci si aggrappa proprio a tutto. Casomai, sarebbe il caso di rivedere un attimo il doppiaggio del re Serse, in improbabile versione “Saw-Enigmista”.
Da non perdere: Le parole, pronunciate dal soldato-aedo Stenio prima della fatale battaglia di Platea, riportano pari pari l’epigramma posto su un cippo al passo delle Termopili in memoria della sconfitta-vittoria di Leonida e dei suoi prodi 300.
Voto: 8.5

giovedì 5 luglio 2007

LADY IN THE WATER o buco nell'acqua???



LADY IN THE WATER
Di: M. Night Shyamalan.
Con: Paul Giamatti, Bryce Dallas Howard, M. Night Shyamalan.
Genere: Thriller
Durata: 110’
Commento: Prima grave pecca: Shyamalan ci aveva abituati ad un marchio di fabbrica ben delineato: creare suspence, tenere lo spettatore con il fiato sospeso e ridurre la paura da horror al minimo, spesso camuffata da rumori improvvisi e sinistri. In questa opera il regista ci riprova ma i risultati sono decisamente scadenti: ci si annoia molto, ci si spaventa (o semplicemente, si trattiene il respiro) raramente.
Secondo punto: la caratterizzazione psicologica dei personaggi è praticamente assente, il che riduce tutto ad un teatrino di macchiette, che provoca tra l’altro spesso e volentieri una involontaria (o forse volontaria?) comicità.
Terzo: perché strutturare l’incastro della trama come un’indagine degna del miglior Sherlock Holmes, se poi il finale deve calare un deus ex machina ultra-terreno per risolvere la contesa?
Cosa salvare? La trama, senza dubbio originale e ben scritta (casomai mal sviluppata), la prova di Paul Giamatti (e del suo doppiatore), sempre più rivelazione, la caratterizzazione fisica (sottolineo fisica) di alcuni (sottolineo alcuni) personaggi. Troppo poco: dall’autore di “The Village” non ci aspettavamo, è il caso di dirlo, un buco nell’acqua.
Da non perdere: La figura del difensore, assolutamente geniale per come è stata ideata. Da notare inoltre che il regista figura anche tra gli interpreti: per Shyamalan è una “quasi” novità.
VOTO: 5

mercoledì 4 luglio 2007

GHOSTRIDER... pessimamente Ghostrider



GHOSTRIDER
Di: Mark Steven Johnson
Con: Nicolas Cage, Eva Mendes
Genere: Fantasy/Azione
Durata: 103’
Commento: Domanda appetitosa: perché il signor Mark Steven Johnson, dopo avere già rovinato la figura di Daredevil, si è cimentato, più o meno con gli stessi risultati, anche in un’altra striscia “fumettara” di nicchia? Qualcuno lo avverta, prego, che non c’è bisogno di sbagliare due volte… Già perché “Ghost Rider” spesso e volentieri spinge lo spettatore a prendere in mano un Joypad e indirizzare dove meglio si crede la trama: più videogame che film, infatti, il prodotto vive soltanto sugli effetti speciali (notevoli, ma bastasse un po’ di magia computerizzata allora tutti i film sarebbero da Oscar), scadendo terribilmente in una trama e una sceneggiatura che vaga cieca tra “Van Helsing” e “Constantine” (mica i primi arrivati) e striscia tristemente in attesa di un colpo di scena annunciato e prevedibile ancora prima dell’inizio del film. Così tra un pixel di qua e un fantasioso lavoro di tastiera di là manca completamente l’effetto realtà, quello, per intenderci, che ha reso immensi “Il Signore degli Anelli”, “Spider-Man” e “Batman”, che pure al mondo del fantasy appartengono.
Nicolas Cage recita meglio quando al posto della sua mono-espressione “indossa” un teschio virtuale, il doppiaggio (e la scelta dei timbri vocali) sembra ripresa da un gioco della Chicco stile “Vecchia fattoria”. Qualche balzo in motocicletta fa pure tenerezza: speriamo che almeno piaccia ai centauri. Noi, per il vostro bene, suggeriamo piuttosto un sano e reale moto-raduno.
Da non perdere: Il finale lascia aperta una porta per un possibile sequel… Masochismo puro: Dio ce ne scampi!
Voto: 2

lunedì 2 luglio 2007

L'ultimo (anzi penultimo) capolavoro di Clint...




FLAGS OF OUR FATHERS
Di: Clint Eastwood
Con: Ryan Phillippe, Jesse Bradford, Adam Beach, Barry Pepper, John Benjamin Hickey, John Slattery, Paul Walker, Jamie Bell, Robert Patrick
Genere: Guerra
Durata: 130’
Commento: Clint Eastwood = Capolavoro! Ormai l’equazione non sorprende più o, casomai, lo fa per la sua puntuale riconferma, ogni volta che l’ex texano dagli occhi di ghiaccio si ripresenta dietro la macchina da presa. Non dice nulla di nuovo il grande Clint: affronta temi sulla cresta dell’onda certo, ma contenutisticamente non è quasi mai originale. Con “Mystic River” affermava il tema dell’innocenza perduta, con “Million Dollar Baby” l’eutanasia, con “Flags of our fathers” l’inutilità di ogni guerra: spunti banali, verrebbe da dire, anche un po’ fastidiosamente demagogici… Se non fosse che il metodo, la sceneggiatura, la fotografia, la tecnica e la poesia si ritrovano a braccetto in ogni sua opera in una miracolosa fusione che non esalta il “cosa” (il tema appunto) ma il “come” (il modo in cui viene trattato, che, conseguentemente, va a purificare pure la materia in questione). In attesa di “Letters from Iwo Jima”, altra testimonianza di un classicismo che, figlio di un’originalità di fondo, non invecchia mai (pochi eletti sanno trattare la stessa vicenda storica – la presa del monte Iwo Jima da parte degli americani nel corso della II guerra mondiale – da ambo le prospettive), “Flags” è un contro-momumento che irride, senza però mancare di capirla, la retorica bellica e il furore infoiato dei vari militi ignoti. Scene crude (stile “Salvate il soldate Ryan”), scene calde (al ritorno in patria), scene che, comunque e sempre, non cadono nel vuoto…
Da non perdere: Il grigio seppia, un miracolo di tecnica e simbolismo: far rivivere la Grande Storia sul Grande Cinema tramite il semplice uso del cromatismo. Una lezione che già Spielberg adottò a suo tempo, che ora “Mastro” Clint riafferma ai massimi livelli possibili.
Voto: 9.5

domenica 1 luglio 2007

Controdine: The show NON must go on





"Finchè si trattava di "botte", tutto funzionava, ma la cronaca nera più efferata contamina la nostra proposta: non ci stiamo". (Italia Uno)

"Non vogliamo scegliere per i nostri abbonati: il wrestling continuerà ad andare in onda" (Sky Tv)

QUIET SATISFIED (il riferimento è ovviamente al caso Chris Benoit)

venerdì 29 giugno 2007

Scuse ai lettori...

Chiedo scusa se in questo periodo non aggiornerò di frequente il blog...
Gli esami incombono e il tempo per lo svago è minimo: fino al 9 Luglio non dico che il blog resterà fermo, ma certo verrà aggiornato con il contagocce.
Dopo il 9 (data dell'ultimo esame estivo) tornerò più forte di prima, LO PROMETTO!!!
Buon cinema a tutti, nel frattempo

Anteprima assoluta: TRANSFORMERS



TRANSFORMERS
Di: Micheal Bay
Con: Shia LaBeouf, Megan Fox, Rachel Taylor, Tyrese Gibson, Josh Duhamel
Genere: Fantasy (140’)
Commento: Micheal Bay torna e fa centro: superando se stesso, colmando le lacune di The Island (che mantenne tiepida la critica senza però entusiasmare il pubblico) e impacchettando per i fans dei vecchi cartoni robottici un prodotto leggero e simpatico, che ha il grandissimo merito di non prendersi troppo sul serio, ma nemmeno lascia nulla campato per aria. I Transformers sanno divertire ed entusiasmare, ma soprattutto sanno far ridere, per quello che a tratti sembra puramente un film comico: merito anche di Shia LaBeouf, che nelle commediucole è cresciuto (eccome se è cresciuto!) e che accompagna la parte dell’adolescente imbranato che poi salva il mondo con naturalezza, come se non avesse fatto null’altro da una vita. I dialoghi, a tratti altisonanti, sono giustificati mediante una trovata coniata dai cartoon (il robot parla per frasi fatte perché tale è il suo apprendimento linguistico una volta giunto sulla terra) e così lo spettatore è costretto (ma lo fa, crediamo, volentieri) ad accettare lo scambio di battute in puro stile fumettistico, a volte infarcito di massime dirette e preconfezionate. L’epopea di Optimus Prime (in Italia meglio noto come Commander) contro Megatron e i suoi aguzzini prende vita sulla terra, in medias res (già i titoli di testa preannunciano i famosi “boati sonici”) e accompagna lo spettatore per tutte le due ore e passa della pellicola senza mai annoiare. Merito, appunto, della risata continuamente strappata, merito, nel finale soprattutto, dei combattimenti attesissimi, dove l’effetto speciale spasmodicamente ricercato forse sottrae qualcosa alla chiarezza e nitidezza dei particolari: ma è il prezzo da pagare, non si può avere tutto. E, considerata la difficoltà (e l’altissimo budget, corrispondente ad altissima attesa), il rischio preso e soprattutto il periodo poco propizio per i registi che si accingono a portare sul grande schermo vecchi cartoons o fumetti da bambini, Micheal Bay si merita una promozione a pieni voti.
Da non perdere: Tutta la colonna sonora, rigorosamente rock, che accompagna senza mai debordare i sentimenti trascinanti della pellicola. Emblematico in particolare il primo inseguimento tra Bumblebe e la simil-Polizia: subito dopo la trasformazione, via di batteria a più non posso. Associazione magistrale!
Voto: 8

mercoledì 27 giugno 2007

The show must go on! (Titolo scontato)



Anzitutto vi chiederete perché inserire un posto sul wrestling (sebbene la gravità dell’accaduto giustifichi in sé la decisione di commentare) in un blog interamente dedicato al cinema: forse perché John Cena è sugli schermi nel film “Presa Mortale”? Nossignori, tutto molto più semplice. Cinema = Finzione = Wrestling. Una proprietà transitiva nemmeno troppo spinta, nemmeno troppo campata per aria. Se non che aggiungerei, paragonare il cinema al wrestling sarebbe qualcosa di inaudito, perché per lo meno il grande schermo (ogni tanto) mantiene il suo sentimento, mentre il baraccone della WWquelcavolocheè non è altro che una pagliacciata obbrobriosa e mangiasoldi. Ammetto di avere seguito con passione il wrestling da piccolo: a parte che avrò avuto 10-15 anni, dunque le mie facoltà mentali non erano probabilmente al massimo dello sviluppo, e poi, credo, i personaggi di allora erano molto più pittoreschi, più caratterizzati. Adesso sembrano tanti lottatori di greco-romana (non tutti, ma gran parte), vestiti solo con un costumino: ridicoli in confronti agli Hulk Hogan, Big Boss Man, Ultimate Warrior, Andrè The Giant, Million Dollar Man, etc. etc. Altra particolarità: gi “eroi” di allora erano fisicamente più normali, dotati certamente ma senza le esagerazioni di adesso. Andrè The Giant ad esempio era gigante “di suo”, la natura lo aveva creato così, ed era un eccezione. Non dico che fosse un circo di nanetti, ma erano a mio avviso “fantocci” più vicini alla gente, anche nel senso fisico (e, ahinoi, medico) del termine.
Tutto questo per riallacciarmi al circo di oggi, dove Eddie Guerriero è morto un anno fa per overdose (o cose del genere), dove Chris Benoit uccide moglie e figlioletto e poi si impicca, dove Kane (anche lui passato sul grande schermo) da ragazzo per passare il tempo aveva dato fuoco alla casa del fratello (il Becchino). Mi domando dunque: perché se lo fa un qualsiasi pazzo là fuori finisce in carcere o, bene che gli vada, in galera tra insulti e spintoni, e se lo fa invece Chris Benoit tutti lo osannano come il “Campione” che se ne è andato. Potere del media, potere del baraccone. Che riconosce a prestazioni sportive (SIMULATE!!!) e fisici pettoruti (grazie ai farmaci e ad un briciolo di palestra) più importanza che alla vita di un bimbo di 7 anni. E allora osanniamo Benoit, il grande Campione che, poverino, ha avuto una crisi di nervi, sai com’è. Ne parlo l’altro giorno con un amico su Msn ed ecco l’altra illuminazione che salta fuori: chissà che gli è passato per la testa!!! Una forma di giustificazione dell’estremo gesto? No, la riprova che il Wrestling va fermato, e anche subito. Gente che quotidianamente (QUO-TI-DIA-NA-MEN-TE) prende giù porcherie per far girare il grande circo, necessariamente (FI-SIO-LO-GI-CA-MEN-TE) poi da fuori di testa: se non succede nel 100% dei casi, potrebbe accadere nel 50. E anche se fosse solo il 10% basterebbe a fermare tutto. Un anno fa Eddie Guerrero, questa criminale Chris Benoit, che io considero alla stregua di un criminale, l’anno prossimo a chi tocca? The show must go on, certo, ma almeno non toccatemi un bambino di 7 anni e una donna, che ha avuto la sola colpa (e disgrazia) di essere moglie di uno psicopatico…

domenica 24 giugno 2007

Autocritica al blog



Ci siamo, il "motivatore" di questo blog domani dovrà giudicare se il lavoro svolto è stato positivo o meno. Esame di Informatica Applicata al Giornalismo: 6 parole, che per capirci dentro qualcosa hai bisogno di rileggerle almeno un paio di volte. Qualche pagine di appunti, 10 lezioni seguite la mattina presto e poi lui, la prova, controprova e riprova di tutto, il mio blog appunto.
In attesa del giudizio dall'alto, giusto farsi un esamino di coscienza, perchè sarebbe troppo facile rimandare a domani (a mezzogiorno, dato che l'esame sarà su per giù alle 10) quello che posso, anzi devo, fare oggi: se aspettassi, mi basterebbe ripetere pregi e difetti inanellati dal professore in fase d'esame e il gioco sarebbe fatto. Senza grossa soddisfazione però. E allora, poichè anche questi sono esercizi di comunicazione, ecco a voi un'analisi tecnica di "Non solo cinema".
STRUTTURA: Ho seguito la linea della simmetria. Sono dell'idea che un sito "pulito" non debba stupire, ma casomai perseverare nella continuità dai primi agli ultimi blog. Qualche immagine, molto scritto (in un sito di commenti e recensioni cinematografiche non potrebbe essere altrimenti) e, in colpevole ritardo (ho scoperto le potenzialità di youtube solo 5 giorni fa), anche qualche video, vero "pane" della settima arte. Ritengo che il lettore affezionato (per ora quattro gatti che mi seguono costanti li ho anche io) debba avere un occhio preparato a quello che troverà. Questione di ordine, di razionalità: in Internet c'è già fin troppo casino, almeno i blog a mio avviso dovrebbero essere compatti. E allora... titolo, foto e via con il commento (più qualche cifrario tecnico per le recensioni vere e proprie). A destra la colonna dei link, delle info personali (con la foto, perchè la trasparenza è il mio Vangelo) e degli aggiornamenti Rss da Repubblica (provati su suggerimenti del prof. ma, a posteriori, poco inerenti alla mia ricerca sul cinema). Infine il contatore delle visite: devo cambiare il colore. Azzurrino su caco fa proprio monnezza. 160 visite in un 20 giorni: non sarà molto, ma può andare...
CONTENUTI: Non molto vari a dire il vero, ma del resto la materia non consente troppi svolazzi Ho voluto la bicicletta e ora pedalo, fermo restando che non è semplicissimo pescare ogni giorno (l'aggiornamento costante è alla base di qualsiasi teoria internettiana) nuovi argomenti di cinematografia. Mi aiuto con Ciak, mi aiuto con la mia testa: quel che esce esce, liberamente come la democratizzazione digitale impone... Magari qualche blog alla Tarantino (6 commenti: RECORD) aiuterebbe. Del resto, la polemica fruttifica sempre... quindi, a malincuore, sia lodato Tarantino.
TECNICA: Post troppo lunghi, lo ammetto. La regola dei 100 caratteri che dovrebbe armare ogni giornale on-line non fa per questo blog e, metagiornalisticamente parlando, questo stesso post lo dimostra. Sinceramente però non saprei come migliorarmi: inserire dei link su altri siti, renderebbe snello il viaggio dell'utente, ma non mi darebbe soddisfazione. Forse, ci proverò prossimamente, riassumere la recensione con tanto di link per chi fosse interessato a leggersela tutta, sarebbe un buon compromesso.
PUBBLICITA': Google è rimasto chimera: mi sono visto solo una volta dopo avere digitato come "tag" Gardani, che nessuno mai "richiamerebbe" da un motore di ricerca. Mi sto sforzando, senza pensare di essere tra 10 giorni, o 10 mesi il nuovo Beppe Grillo. A proposito, potrei lasciare un commento sul suo sito, lasciando come regalino nella firma il mio indirizzo... Non male come idea. Nel frattempo ho infestato Messenger e il sito di Parmafans.it di "www.cinemaeoltre.blogspot.com" e, in questa ottica, preziosissima è stata la collaborazione con "filmgarage". Grazie ancora Michey.
LESSICO: Libertà, dunque nessuna autocritica, nessuna censura. Chi vuole legga, chi non vuole giri pagina. Sui blog funzia così!!!

venerdì 22 giugno 2007

Zodiac: premio Fantomas 2007

Fantomas d'oro 2007 (sin qui)

Sta arrivando l’estate, quella che a torto o a ragione (a mio avviso a torto!) viene definita la più calda, cinematograficamente parlando, degli ultimi anni. In attesa dell’abbuffata (presunta) sotto l’ombrellone e sale all’aperto, ho così pensato di fermare il tempo, di stopper questo 2007 di celluloide e dare i miei voti alle pellicole sin qui viste… Il meglio e il peggio insomma, con tanto di voti: alcuni film li troverete recensiti nel blog, altri invece sono più vecchi della nascita di questo sito, altri ancora (i rimpianti o le grandi attese) non possono essere commentati perché non ancora usciti, oppure non visti. Al vincitore un simbolico Oscar, ovvero il trailer ripreso direttamente da you-tube.
Signori, ecco il mio 2007 al cinema…

IL MEGLIO
Spiderman 3 7.5
Zodiac 8.5
300 8.5
The Prestige 8.5
The Illusionist 7.5
Profumo 8
Scoop 7.5
Alpha Dog 8
Flags of out fathers 9.5

NE' INFAMIA NE' LODE
I fantastici 4 6.5
Number 23 6.5
Ocean's 13 7
Pirati Caraibi 3 5 (ma rivalutato sul 6)
Blood Diamond 6.5
The Departed 7

SCHIFI
Epic Movie 0
Ghost Rider 2
Manuale d'Amore 2 4.5
Eragon 5
The Black Dahlia 4.5

RIMPIANTI (NON VISTI)
Sunshine
Centochiodi
Saw III
Apocalypto
Borat

GRANDE ATTESA
Transformers
Shrek Terzo
Harry Potter 5
Saw IV
28 Settimane dopo
Il mistero dei templari 2

E anche se numericamente il meglio è Clint Eastwood con le sue “Bandiere”, il film che più mi ha emozionato in questo 2007 è “Zodiac” di David Fincher. A lui il “Fantomas d’oro” 2007, con tanto di trailer dedicato appena qui sopra…

giovedì 21 giugno 2007

Immensa Lina Wertmuller



“Tarantino? Un filmaker di serie C, e una testa di cazzo! Attacca la nostra produzione, lui che conosce solo “Giovannona Coscialunga” e poco altro: ma come si permette? Noi siamo l’Italia, lui come chi si crede di essere? Dice che il nostro cinema attuale è in crisi: perché non c’è più Pierino? Fare distinzioni tra passato e presente della cinematografia non solo è stupido, ma anche colpevole: i nostri tanti giovani autori, dove li mette? Gli consiglio di prendere in mano una storia del cinema e di documentarsi prima di parlare. Fosse per me, non gli permetterei di entrare in Italia”.
(estratto de “La Cronaca” di mercoledì 20 giugno 2007, intervista a Lina Wertmuller)

APPLAUSI!!!

mercoledì 20 giugno 2007

Coming soon...

Dato che sale, multisale e cinema d'Essai in questo periodo non offrono di meglio; dato che sono sotto esame e il tempo per visionare eventuali home video non ci sta... ecco a voi i giudizi di "Detective Squalo", film autoprodotto dal regista Erik Afigliano, dove anche il sottoscritto recita... Il secondo episodio è in preparazione, ma intanto godetevi i pareri degli esperti sul primo, riuscitissimo lungometraggio (56') della "Gagas' band"

martedì 19 giugno 2007

Ahi ahi ahi signora Fletcher...



La signora in giallo, puntata odierna: il tutto è ambientato a Milano ma... attenzione ai particolari!
UNO: Per risolvere il solito caso di omicidio vengono chiamati i Carabinieri (ovvio siamo in Italia). Peccato che la banda rossa sui pantaloni sia orizzontale e non verticale, peccato che la "giacca" sia azzurra e non blu, peccato che sul cappello non ci sia la fiamma... Insomma un bel "masturotto" tra Polizia e Carabinieri.
DUE: Oltre ai Carabinieri viene chiamato un investigatore privato: o l'uno o l'altro... No comment
TRE: La signora Fletcher (Angela Lansbury) è a Milano per ritirare un prestigioso premio cinematografico (tratto da un suo libro). Quando mai a Milano è stato istituito un premio di quel tipo???
Insomma, un po' di attenzione in più nella sceneggiatura non guasterebbe, non si chiede molto!

PS: A dirla tutta se dovessi vedere la Lansbury in giro mi tocco i maroni... dove va lei c'è un morto! Li mortacci...

Perseverare è (in parte) diabolico




I FANTASTICI QUATTRO E SILVER SURFER
Di: Tim Story
Con: Ioan Gruffudd, Jessica Alba, Chris Evans, Michael Chiklis, Doug Jones, Julian McMahon, Kerry Washington, Andre Barugher.
Genere: Fantasy (90’)
Commento: Il miglioramento rispetto al primo film c’è stato (non che ci volesse molto), ma è minimo, il che non consente di esaltare a pieno una pellicola ancora una volta troppo superficiale e troppo lontana dalla realtà per amare in pieno questi quattro “fantastici” della Marvel. Ancora una volta la sceneggiatura latita un po’, il fumetto prevale sull’effetto-realtà, gli effetti speciali sull’umanità dei protagonisti: basta osservare i colori, assolutamente da “baloon” cartonato, basta leggere le battute sul copione, che fanno effetto soltanto quando strappano risatine sui continui diverbi tra La Cosa e La Torcia Umana, simpatico ma alla lunga stereotipato. Però… C’è un però: la nascita del Surfer (il titolo originale inglese è proprio “Rise of Silver Surfer”), uno dei personaggi più affascinanti dell’universo fumettistico mondiale: una meteora (anzi, come la definiscono gli scienziati statunitensi, una cometa) che lascia il segno nel giro di pochi minuti (quelli finale della conversione) più del Dottor Doom, al solito ridicolizzato, quando in realtà dovrebbe apparire come il nemico mortale dei Fantastici (un po’ come il Joker per Batman, e il paragone, anche se appena abbozzato, è già irriverente). Il Surfer che salverà il mondo, il Surfer che subirà umiliazioni dai grandi esperti di scienza che non vogliono sentire ragione, il Surfer che smuoverà il suo cuore dinnanzi a Jessica Alba (e te pareva!), unica a saperlo comprendere a priori. Galactus, altro super nemico, si intravede appena, a conferma che condensare un fumetto in 90’ appena può favorire lo spettacolo e il ritmo, certo non la resa accurata di personaggi e trama. Speriamo che stavolta Tim Story abbia capito la lezione: non fosse stato per il suo Surfer d’argento, si sarebbe beccato un’altra insufficienza.
Da non perdere: L’immancabile cameo di Stan Lee, creatore di quasi tutti i supereroi Marvel: lui, padre putativo di Mr. Fantastic e della Donna Invisibile, viene clamorosamente lasciato fuori al loro matrimonio.
VOTO: 6.5

venerdì 15 giugno 2007

Gemellaggio con Film Garage: ORA E' UFFICIALE

Ringrazio Mickey per l'opportunità concessami: del resto, se Tarantino (giusto per rifarmi al post di maggiore successo del blog) si fa pubblicità non vedo perchè non dovrei farmela io...
Siamo dunque qui riuniti cari fratelli... Nah, così fa troppo matrimonio.
Semplicemente, Ufficializzo da oggi il gemellaggio con il blog dell'amico Mickey, cineasta provetto e appassionato come me di celluliode, che vanta 50 visite al giorno sulla propria homepage... Sperando un giorno di poterlo numericamente eguagliare.... benvenuto su Cinema e oltre!
Ops, dimenticavo... Ecco il link

http://filmgarage.iobloggo.com

Mi raccomando cliccate: ne vale la pena!

giovedì 14 giugno 2007

E la chiamano estate...

Fortuna che in estate il cinema va in letargo... Non ci volevo certo io a renderlo noto, ma, passando in rassegna la programmazione presente e futura del Warner di Parma (altrimenti noto come Barilla Center), ho notato due caratteristiche: 1. il menù è lo stesso da 3 settimane (tra uomini ragno, piraiti caraibici e killer dello Zodiaco) con leggerissimi ricambi, a mò di pillola; 2. Per fine Giugno-Luglio si prepara l'abbuffata: Harry Potter, I Fantastici 4 (sperando non sia una cagata come il primo), Transformers, etc. etc. (quasi tutti fantasy come piacciono a me...
Evidentemente i programmatori dei cinematografi la tirano lunga con i soliti film, per poi piazzare il grande boom: un vero colpo all'Ocean's 13...
Va beh, per fortuna che per un po' sono impegnato la sera con tornei di calcetto ;-)

mercoledì 13 giugno 2007

Il ritorno di Patrice Leconte: senza infamia nè lode

Di: Patrice Leconte.
Con: Daniel Auteuil, Dany Boon, Julie Gayet, Julie Durand, Jacques Mathou.
Genere: Commedia (92’)
Commento: Nessuno si attendeva un capolavoro da questo film, ma probabilmente ridurre il tutto al giudizio “la solita commedia francese”, per quanto scelta non proprio così lontana dal vero, rischierebbe di fare passare in secondo piano un lavoro tutto sommato senza pretese ma rilassante. Del cinema d’Oltralpe Leconte dimostra di conoscere a menadito pregi e, ahilui, difetti: più che ridere si sorride, più che piangere si pensa ad occhi nemmeno tanto lucidi. Una com... medietas dunque, l’elogio del giusto mezzo. La storia dell’antiquario che cerca il vero tesoro dell’amicizia per scommessa, scordando che su un valore del genere non si possono puntare soldi od oggetti d’arte, è un po’ ritrita (quantomeno nel messaggio di base). Eppure l’immortale storia della volpe addomesticata e del piccolo principe (immancabile citazione, siamo in Francia!) si svincola dallo snobismo tutto “francoise”, amalgamando il discorso con trovate abbastanza simpatiche. I personaggi risultano così più vero, anche se sinceramente Daniel Auteuil (più che discreto) viene inizialmente preso di mira apparentemente senza motivo: manca cioè l’antefatto, ridotto a scarni 10’ dove la psicologia va un po’ a ramengo. Anche nel resto della vicenda, per la verità, l’animo dei personaggi emerge soltanto dietro le mentite spoglie di fatti esemplificanti, ma quantomeno, se Leconte non ha la pretesa di dare una lezione moralistica agli spettatori, potrà dire di avere prodotto una pellicola sincera, ridente e destinata a tutti.
Da non perdere: La partecipazione di Dany Boon (l’amico autodidatta e stordito, reso ottimamente) al quiz “Chi vuol essere milionario?”: il film raggiunge la vetta più alta di comicità. Anzi, più azzeccato, di commedia.
VOTO: 6.5

martedì 12 giugno 2007

Un déjà vu... che non stanca: OCEAN'S THIRTEEN

OCEAN’S THIRTEEN
Di: Steven Soderbergh
Con: George Clooney, Brad Pitt, Matt Damon, Al Pacino, Andy Garcia, Ellen Barkin.
Genere: Azione (122’)
Commento: Se volete godervi fino in fondo il “colpo gobbo”, un consiglio: non guardatevi i primi due episodi! Magari stenterete a capire la natura di qualche personaggio (ma la forza caricaturale di ogni singolo elemento correrà presto in vostro aiuto), ma in compenso avrete la sorpresa finale completa. Soderbergh ritorna allo stile di Ocean’s Eleven (il migliore, senza dubbio, della trilogia), lasciando perdere musei italiani e corse a due tra ladri professionisti poco riuscite, e tornando al vecchio caro casinò. Differenze rispetto al primo film? Non molte, anche se stavolta il movente, al solito più personale che economico, spinge Daniel Ocean alla vendetta, non alla riconquista di un vecchio amore. Non più Terry Benedict (che anzi, udite udite, spalleggerà Daniel e i suoi altri 12), ma Willy Banks, magistralmente interpretato da un Al Pacino che, non più giovane, sa riciclarsi anche in ruoli dalla scarsa azione ma dall’elevatissimo “ego”. I colpi di scena sono più “introdotti”, centellinati, si possono intuire: forse ne risente lo spettacolo (rispetto alla pellicola inaugurale della trilogia), ma quantomeno ne beneficia la comprensione. Tutto è pianificato, non solo nel progetto del colpaccio, ma soprattutto da punto di vista registico, con Soderbergh che non rinuncia mai a stringere la sua telecamera sui particolari per guidare lo spettatore verso la soluzione: interpretazione, dialoghi, cast e simpatia ne fanno un film letteralmente “ganzo”… Certo, per chi si era già abituato alle imprese della variopinta banda, la sensazione del “già visto” non sarà assente. Ma, a conti fatti, considerato l’intento rilassante del film, è un déjà vu che non guasta.
Da non perdere: La scena finale della fontana, collegamento inscindibile con “Ocean’s 11”, a conferma di un ritorno alle origini della trilogia. Alcune scelte di Soderbergh (come la suddivisione dello schermo in più quadranti) sono audaci, spiazzanti, a volte difficili da seguire, ma sicuramente intriganti.
VOTO: 7

venerdì 8 giugno 2007

A molti non è piaciuto... ma per me è quasi-rivoluzionario: Tony Scott presenta DOMINO

Credo meriti di essere visto almeno una volta: giudizio personalissimo! Provare per credere... o per insultarmi ;-)
Di: Tony Scott.
Con: Keira Knightley, Mickey Rourke, Edgar Ramirez, Lucy Liu, Mena Suvari, Christopher Walken, Rizwan Abbasi.
Genere: Azione (120’)
Commento: Spiazzante e caotico, Domino si perde quasi esclusivamente sul sensazionalismo di certi attimi (concentrati, manco a farlo apposta, soprattutto nel pirotecnico - in tutti i sensi - finale), che contagia di hollywoodianesimo un’idea (sommata alla tecnica) davvero di rilievo. Tony Scott abbandona il classicismo registico di Top Gun e sceglie una collezione di frammenti, rumori, musiche e fotogrammi spiazzanti, ultramoderni nel montaggio e “cattivissimi” nel rapporto con lo spettatore impreparato. Il film disturba sin dall’inizio, forse quasi scandalizza chi se ne va in sala pensando di assistere al solito action-movie e nulla più. Le trovate originali si susseguono, tanto che la trama, intricata ma ben dipanata passo passo, finisce con l’apparire banale dinnanzi all’inventiva tecnica di Scott, fratello, per chi non lo sapesse, del “mastodontico”, Ridley. Keira Knightley recita bene, si da da fare, ma il confronto con la bruttezza “reale” di Domino Harvey, cacciatrice di taglie morta, nella realtà, un paio d’anni or sono in casa propria dopo un’esistenza avventurosa, è impietoso. Anche la storia, che si spaccia per “più o meno vera”, in realtà è follemente romanzata, credibile per tre quarti, assolutamente pasticciata sul finale. Ma il premio a tanta audacia vale comunque un voto positivo.Da non perdere: Le scritte in sovraimpressione, ad accompagnare episodi e personaggi più importanti, senza disdegnare grafici ausiliari, a rendere quasi geometrica la trama. Infine, sui titoli di coda, la scelta di familiarizzare con gli attori, citando solo i nomi di battesimo.
VOTO: 7

giovedì 7 giugno 2007

Rivalutato... ma pur sempre insufficiente: PIRATI DEI CARAIBI - AI CONFINI DEL MONDO


PIRATI DEI CARAIBI - AI CONFINI DEL MONDO
Di: Gore Verbinsky
Con: Johnny Depp, Orlando Bloom, Keira Knightley, Geoffrey Rush, Bill Nighy
Genere: Fantasy-Avventura (168’)
Commento: La sindrome di Matrix: partenza in grandissimo stile, vuoi per la novità, vuoi per la sceneggiatura intrigante ma alla fine precisissima nel suo dipanarsi, vuoi per l’interpretazione di un cast che proprio non può fallire. Poi un secondo episodio non malaccio, che rimescola le carte in tavola e lascia presagire a risurrezioni e ripartenze (praticamente da zero) di tutta la storia. Infine, la terza puntata, la più deludente, dove al nichilismo finale (la situazione dopo 3 film è cambiata non troppo rispetto alle origini della trilogia, eccezion fatta per qualche spunto forzato da incassi stratosferici, che stimoleranno senza dubbio nuovi sequel) corrisponde un puzzle non certo insipido, anzi casomai troppo carico di ingredienti. Ce n’è abbastanza per girare un film d’indagine, con mille indizi, accordi su accordi, scelte prese e poi rinnegate, in una anarchia di sceneggiatura e, il rischio a fine spettacolo è questo, fors’anche di senso. Lo spettatore che va al cinema per un lungometraggio del genere (decisamente troppo lungo: la prima ora è quasi del tutto inutile) non vuole starsene lì con la mappa e il taccuino degli appunti, vorrebbe godersi casomai lo spettacolo, vorrebbe essere preso per mano e guidato in una storia decisamente complicatissima, spesso gratuitamente (che c’azzecca il corsaro Sao Feng in fondo?) e oltre il buon senso. La mezzora conclusiva (finalmente una battaglia per mare, ridotta allo scioglimento finale quando in realtà dovrebbe trattarsi del sale per un film del genere) non riscatta tutto il resto, noioso e di difficile comprensione. Cosa salviamo? A parte la nostra passione (tradita) per il genere e la saga, alcuni spunti, gli effetti speciali (non in tutti i fotogrammi a dire il vero: la liberazione della Dea Calipso sembra realizzata con il pongo), la prova di Barbosa-Rush, che supera a nostro avviso persino l’osannato Johnny Depp, perfetto nel ruolo (per carità) ma un po’ stancante con tutte quelle moine già straviste. E poi ancora: il cameo di Keith Richards padre di Sparrow, che puntualmente suona la chitarra, la gran tavolata con i 9 pirati nobili, e una Walt Disney che si fa insospettabilmente più ardita del solito (alludendo al sesso, e mostrando la morte con taglio agghiacciante). Sulla coppia Bloom-Knightley lasciamo perdere: interpretazione approssimativa a parte, anche gli sceneggiatori non devono volere bene ai due. I dialoghi a loro affidati sono intrisi di un’epica scontata e mai esaltante e di un romanticismo perditempo e pedestre.
Da non perdere: I vari sdoppiamenti di Johnny Depp, in una delle (poche) scene più riuscite della pellicola: quando la psiche confusa si ritrova fisicamente in corpi differenti.


VOTO: 5

mercoledì 6 giugno 2007