venerdì 29 giugno 2007

Scuse ai lettori...

Chiedo scusa se in questo periodo non aggiornerò di frequente il blog...
Gli esami incombono e il tempo per lo svago è minimo: fino al 9 Luglio non dico che il blog resterà fermo, ma certo verrà aggiornato con il contagocce.
Dopo il 9 (data dell'ultimo esame estivo) tornerò più forte di prima, LO PROMETTO!!!
Buon cinema a tutti, nel frattempo

Anteprima assoluta: TRANSFORMERS



TRANSFORMERS
Di: Micheal Bay
Con: Shia LaBeouf, Megan Fox, Rachel Taylor, Tyrese Gibson, Josh Duhamel
Genere: Fantasy (140’)
Commento: Micheal Bay torna e fa centro: superando se stesso, colmando le lacune di The Island (che mantenne tiepida la critica senza però entusiasmare il pubblico) e impacchettando per i fans dei vecchi cartoni robottici un prodotto leggero e simpatico, che ha il grandissimo merito di non prendersi troppo sul serio, ma nemmeno lascia nulla campato per aria. I Transformers sanno divertire ed entusiasmare, ma soprattutto sanno far ridere, per quello che a tratti sembra puramente un film comico: merito anche di Shia LaBeouf, che nelle commediucole è cresciuto (eccome se è cresciuto!) e che accompagna la parte dell’adolescente imbranato che poi salva il mondo con naturalezza, come se non avesse fatto null’altro da una vita. I dialoghi, a tratti altisonanti, sono giustificati mediante una trovata coniata dai cartoon (il robot parla per frasi fatte perché tale è il suo apprendimento linguistico una volta giunto sulla terra) e così lo spettatore è costretto (ma lo fa, crediamo, volentieri) ad accettare lo scambio di battute in puro stile fumettistico, a volte infarcito di massime dirette e preconfezionate. L’epopea di Optimus Prime (in Italia meglio noto come Commander) contro Megatron e i suoi aguzzini prende vita sulla terra, in medias res (già i titoli di testa preannunciano i famosi “boati sonici”) e accompagna lo spettatore per tutte le due ore e passa della pellicola senza mai annoiare. Merito, appunto, della risata continuamente strappata, merito, nel finale soprattutto, dei combattimenti attesissimi, dove l’effetto speciale spasmodicamente ricercato forse sottrae qualcosa alla chiarezza e nitidezza dei particolari: ma è il prezzo da pagare, non si può avere tutto. E, considerata la difficoltà (e l’altissimo budget, corrispondente ad altissima attesa), il rischio preso e soprattutto il periodo poco propizio per i registi che si accingono a portare sul grande schermo vecchi cartoons o fumetti da bambini, Micheal Bay si merita una promozione a pieni voti.
Da non perdere: Tutta la colonna sonora, rigorosamente rock, che accompagna senza mai debordare i sentimenti trascinanti della pellicola. Emblematico in particolare il primo inseguimento tra Bumblebe e la simil-Polizia: subito dopo la trasformazione, via di batteria a più non posso. Associazione magistrale!
Voto: 8

mercoledì 27 giugno 2007

The show must go on! (Titolo scontato)



Anzitutto vi chiederete perché inserire un posto sul wrestling (sebbene la gravità dell’accaduto giustifichi in sé la decisione di commentare) in un blog interamente dedicato al cinema: forse perché John Cena è sugli schermi nel film “Presa Mortale”? Nossignori, tutto molto più semplice. Cinema = Finzione = Wrestling. Una proprietà transitiva nemmeno troppo spinta, nemmeno troppo campata per aria. Se non che aggiungerei, paragonare il cinema al wrestling sarebbe qualcosa di inaudito, perché per lo meno il grande schermo (ogni tanto) mantiene il suo sentimento, mentre il baraccone della WWquelcavolocheè non è altro che una pagliacciata obbrobriosa e mangiasoldi. Ammetto di avere seguito con passione il wrestling da piccolo: a parte che avrò avuto 10-15 anni, dunque le mie facoltà mentali non erano probabilmente al massimo dello sviluppo, e poi, credo, i personaggi di allora erano molto più pittoreschi, più caratterizzati. Adesso sembrano tanti lottatori di greco-romana (non tutti, ma gran parte), vestiti solo con un costumino: ridicoli in confronti agli Hulk Hogan, Big Boss Man, Ultimate Warrior, Andrè The Giant, Million Dollar Man, etc. etc. Altra particolarità: gi “eroi” di allora erano fisicamente più normali, dotati certamente ma senza le esagerazioni di adesso. Andrè The Giant ad esempio era gigante “di suo”, la natura lo aveva creato così, ed era un eccezione. Non dico che fosse un circo di nanetti, ma erano a mio avviso “fantocci” più vicini alla gente, anche nel senso fisico (e, ahinoi, medico) del termine.
Tutto questo per riallacciarmi al circo di oggi, dove Eddie Guerriero è morto un anno fa per overdose (o cose del genere), dove Chris Benoit uccide moglie e figlioletto e poi si impicca, dove Kane (anche lui passato sul grande schermo) da ragazzo per passare il tempo aveva dato fuoco alla casa del fratello (il Becchino). Mi domando dunque: perché se lo fa un qualsiasi pazzo là fuori finisce in carcere o, bene che gli vada, in galera tra insulti e spintoni, e se lo fa invece Chris Benoit tutti lo osannano come il “Campione” che se ne è andato. Potere del media, potere del baraccone. Che riconosce a prestazioni sportive (SIMULATE!!!) e fisici pettoruti (grazie ai farmaci e ad un briciolo di palestra) più importanza che alla vita di un bimbo di 7 anni. E allora osanniamo Benoit, il grande Campione che, poverino, ha avuto una crisi di nervi, sai com’è. Ne parlo l’altro giorno con un amico su Msn ed ecco l’altra illuminazione che salta fuori: chissà che gli è passato per la testa!!! Una forma di giustificazione dell’estremo gesto? No, la riprova che il Wrestling va fermato, e anche subito. Gente che quotidianamente (QUO-TI-DIA-NA-MEN-TE) prende giù porcherie per far girare il grande circo, necessariamente (FI-SIO-LO-GI-CA-MEN-TE) poi da fuori di testa: se non succede nel 100% dei casi, potrebbe accadere nel 50. E anche se fosse solo il 10% basterebbe a fermare tutto. Un anno fa Eddie Guerrero, questa criminale Chris Benoit, che io considero alla stregua di un criminale, l’anno prossimo a chi tocca? The show must go on, certo, ma almeno non toccatemi un bambino di 7 anni e una donna, che ha avuto la sola colpa (e disgrazia) di essere moglie di uno psicopatico…

domenica 24 giugno 2007

Autocritica al blog



Ci siamo, il "motivatore" di questo blog domani dovrà giudicare se il lavoro svolto è stato positivo o meno. Esame di Informatica Applicata al Giornalismo: 6 parole, che per capirci dentro qualcosa hai bisogno di rileggerle almeno un paio di volte. Qualche pagine di appunti, 10 lezioni seguite la mattina presto e poi lui, la prova, controprova e riprova di tutto, il mio blog appunto.
In attesa del giudizio dall'alto, giusto farsi un esamino di coscienza, perchè sarebbe troppo facile rimandare a domani (a mezzogiorno, dato che l'esame sarà su per giù alle 10) quello che posso, anzi devo, fare oggi: se aspettassi, mi basterebbe ripetere pregi e difetti inanellati dal professore in fase d'esame e il gioco sarebbe fatto. Senza grossa soddisfazione però. E allora, poichè anche questi sono esercizi di comunicazione, ecco a voi un'analisi tecnica di "Non solo cinema".
STRUTTURA: Ho seguito la linea della simmetria. Sono dell'idea che un sito "pulito" non debba stupire, ma casomai perseverare nella continuità dai primi agli ultimi blog. Qualche immagine, molto scritto (in un sito di commenti e recensioni cinematografiche non potrebbe essere altrimenti) e, in colpevole ritardo (ho scoperto le potenzialità di youtube solo 5 giorni fa), anche qualche video, vero "pane" della settima arte. Ritengo che il lettore affezionato (per ora quattro gatti che mi seguono costanti li ho anche io) debba avere un occhio preparato a quello che troverà. Questione di ordine, di razionalità: in Internet c'è già fin troppo casino, almeno i blog a mio avviso dovrebbero essere compatti. E allora... titolo, foto e via con il commento (più qualche cifrario tecnico per le recensioni vere e proprie). A destra la colonna dei link, delle info personali (con la foto, perchè la trasparenza è il mio Vangelo) e degli aggiornamenti Rss da Repubblica (provati su suggerimenti del prof. ma, a posteriori, poco inerenti alla mia ricerca sul cinema). Infine il contatore delle visite: devo cambiare il colore. Azzurrino su caco fa proprio monnezza. 160 visite in un 20 giorni: non sarà molto, ma può andare...
CONTENUTI: Non molto vari a dire il vero, ma del resto la materia non consente troppi svolazzi Ho voluto la bicicletta e ora pedalo, fermo restando che non è semplicissimo pescare ogni giorno (l'aggiornamento costante è alla base di qualsiasi teoria internettiana) nuovi argomenti di cinematografia. Mi aiuto con Ciak, mi aiuto con la mia testa: quel che esce esce, liberamente come la democratizzazione digitale impone... Magari qualche blog alla Tarantino (6 commenti: RECORD) aiuterebbe. Del resto, la polemica fruttifica sempre... quindi, a malincuore, sia lodato Tarantino.
TECNICA: Post troppo lunghi, lo ammetto. La regola dei 100 caratteri che dovrebbe armare ogni giornale on-line non fa per questo blog e, metagiornalisticamente parlando, questo stesso post lo dimostra. Sinceramente però non saprei come migliorarmi: inserire dei link su altri siti, renderebbe snello il viaggio dell'utente, ma non mi darebbe soddisfazione. Forse, ci proverò prossimamente, riassumere la recensione con tanto di link per chi fosse interessato a leggersela tutta, sarebbe un buon compromesso.
PUBBLICITA': Google è rimasto chimera: mi sono visto solo una volta dopo avere digitato come "tag" Gardani, che nessuno mai "richiamerebbe" da un motore di ricerca. Mi sto sforzando, senza pensare di essere tra 10 giorni, o 10 mesi il nuovo Beppe Grillo. A proposito, potrei lasciare un commento sul suo sito, lasciando come regalino nella firma il mio indirizzo... Non male come idea. Nel frattempo ho infestato Messenger e il sito di Parmafans.it di "www.cinemaeoltre.blogspot.com" e, in questa ottica, preziosissima è stata la collaborazione con "filmgarage". Grazie ancora Michey.
LESSICO: Libertà, dunque nessuna autocritica, nessuna censura. Chi vuole legga, chi non vuole giri pagina. Sui blog funzia così!!!

venerdì 22 giugno 2007

Zodiac: premio Fantomas 2007

Fantomas d'oro 2007 (sin qui)

Sta arrivando l’estate, quella che a torto o a ragione (a mio avviso a torto!) viene definita la più calda, cinematograficamente parlando, degli ultimi anni. In attesa dell’abbuffata (presunta) sotto l’ombrellone e sale all’aperto, ho così pensato di fermare il tempo, di stopper questo 2007 di celluloide e dare i miei voti alle pellicole sin qui viste… Il meglio e il peggio insomma, con tanto di voti: alcuni film li troverete recensiti nel blog, altri invece sono più vecchi della nascita di questo sito, altri ancora (i rimpianti o le grandi attese) non possono essere commentati perché non ancora usciti, oppure non visti. Al vincitore un simbolico Oscar, ovvero il trailer ripreso direttamente da you-tube.
Signori, ecco il mio 2007 al cinema…

IL MEGLIO
Spiderman 3 7.5
Zodiac 8.5
300 8.5
The Prestige 8.5
The Illusionist 7.5
Profumo 8
Scoop 7.5
Alpha Dog 8
Flags of out fathers 9.5

NE' INFAMIA NE' LODE
I fantastici 4 6.5
Number 23 6.5
Ocean's 13 7
Pirati Caraibi 3 5 (ma rivalutato sul 6)
Blood Diamond 6.5
The Departed 7

SCHIFI
Epic Movie 0
Ghost Rider 2
Manuale d'Amore 2 4.5
Eragon 5
The Black Dahlia 4.5

RIMPIANTI (NON VISTI)
Sunshine
Centochiodi
Saw III
Apocalypto
Borat

GRANDE ATTESA
Transformers
Shrek Terzo
Harry Potter 5
Saw IV
28 Settimane dopo
Il mistero dei templari 2

E anche se numericamente il meglio è Clint Eastwood con le sue “Bandiere”, il film che più mi ha emozionato in questo 2007 è “Zodiac” di David Fincher. A lui il “Fantomas d’oro” 2007, con tanto di trailer dedicato appena qui sopra…

giovedì 21 giugno 2007

Immensa Lina Wertmuller



“Tarantino? Un filmaker di serie C, e una testa di cazzo! Attacca la nostra produzione, lui che conosce solo “Giovannona Coscialunga” e poco altro: ma come si permette? Noi siamo l’Italia, lui come chi si crede di essere? Dice che il nostro cinema attuale è in crisi: perché non c’è più Pierino? Fare distinzioni tra passato e presente della cinematografia non solo è stupido, ma anche colpevole: i nostri tanti giovani autori, dove li mette? Gli consiglio di prendere in mano una storia del cinema e di documentarsi prima di parlare. Fosse per me, non gli permetterei di entrare in Italia”.
(estratto de “La Cronaca” di mercoledì 20 giugno 2007, intervista a Lina Wertmuller)

APPLAUSI!!!

mercoledì 20 giugno 2007

Coming soon...

Dato che sale, multisale e cinema d'Essai in questo periodo non offrono di meglio; dato che sono sotto esame e il tempo per visionare eventuali home video non ci sta... ecco a voi i giudizi di "Detective Squalo", film autoprodotto dal regista Erik Afigliano, dove anche il sottoscritto recita... Il secondo episodio è in preparazione, ma intanto godetevi i pareri degli esperti sul primo, riuscitissimo lungometraggio (56') della "Gagas' band"

martedì 19 giugno 2007

Ahi ahi ahi signora Fletcher...



La signora in giallo, puntata odierna: il tutto è ambientato a Milano ma... attenzione ai particolari!
UNO: Per risolvere il solito caso di omicidio vengono chiamati i Carabinieri (ovvio siamo in Italia). Peccato che la banda rossa sui pantaloni sia orizzontale e non verticale, peccato che la "giacca" sia azzurra e non blu, peccato che sul cappello non ci sia la fiamma... Insomma un bel "masturotto" tra Polizia e Carabinieri.
DUE: Oltre ai Carabinieri viene chiamato un investigatore privato: o l'uno o l'altro... No comment
TRE: La signora Fletcher (Angela Lansbury) è a Milano per ritirare un prestigioso premio cinematografico (tratto da un suo libro). Quando mai a Milano è stato istituito un premio di quel tipo???
Insomma, un po' di attenzione in più nella sceneggiatura non guasterebbe, non si chiede molto!

PS: A dirla tutta se dovessi vedere la Lansbury in giro mi tocco i maroni... dove va lei c'è un morto! Li mortacci...

Perseverare è (in parte) diabolico




I FANTASTICI QUATTRO E SILVER SURFER
Di: Tim Story
Con: Ioan Gruffudd, Jessica Alba, Chris Evans, Michael Chiklis, Doug Jones, Julian McMahon, Kerry Washington, Andre Barugher.
Genere: Fantasy (90’)
Commento: Il miglioramento rispetto al primo film c’è stato (non che ci volesse molto), ma è minimo, il che non consente di esaltare a pieno una pellicola ancora una volta troppo superficiale e troppo lontana dalla realtà per amare in pieno questi quattro “fantastici” della Marvel. Ancora una volta la sceneggiatura latita un po’, il fumetto prevale sull’effetto-realtà, gli effetti speciali sull’umanità dei protagonisti: basta osservare i colori, assolutamente da “baloon” cartonato, basta leggere le battute sul copione, che fanno effetto soltanto quando strappano risatine sui continui diverbi tra La Cosa e La Torcia Umana, simpatico ma alla lunga stereotipato. Però… C’è un però: la nascita del Surfer (il titolo originale inglese è proprio “Rise of Silver Surfer”), uno dei personaggi più affascinanti dell’universo fumettistico mondiale: una meteora (anzi, come la definiscono gli scienziati statunitensi, una cometa) che lascia il segno nel giro di pochi minuti (quelli finale della conversione) più del Dottor Doom, al solito ridicolizzato, quando in realtà dovrebbe apparire come il nemico mortale dei Fantastici (un po’ come il Joker per Batman, e il paragone, anche se appena abbozzato, è già irriverente). Il Surfer che salverà il mondo, il Surfer che subirà umiliazioni dai grandi esperti di scienza che non vogliono sentire ragione, il Surfer che smuoverà il suo cuore dinnanzi a Jessica Alba (e te pareva!), unica a saperlo comprendere a priori. Galactus, altro super nemico, si intravede appena, a conferma che condensare un fumetto in 90’ appena può favorire lo spettacolo e il ritmo, certo non la resa accurata di personaggi e trama. Speriamo che stavolta Tim Story abbia capito la lezione: non fosse stato per il suo Surfer d’argento, si sarebbe beccato un’altra insufficienza.
Da non perdere: L’immancabile cameo di Stan Lee, creatore di quasi tutti i supereroi Marvel: lui, padre putativo di Mr. Fantastic e della Donna Invisibile, viene clamorosamente lasciato fuori al loro matrimonio.
VOTO: 6.5

venerdì 15 giugno 2007

Gemellaggio con Film Garage: ORA E' UFFICIALE

Ringrazio Mickey per l'opportunità concessami: del resto, se Tarantino (giusto per rifarmi al post di maggiore successo del blog) si fa pubblicità non vedo perchè non dovrei farmela io...
Siamo dunque qui riuniti cari fratelli... Nah, così fa troppo matrimonio.
Semplicemente, Ufficializzo da oggi il gemellaggio con il blog dell'amico Mickey, cineasta provetto e appassionato come me di celluliode, che vanta 50 visite al giorno sulla propria homepage... Sperando un giorno di poterlo numericamente eguagliare.... benvenuto su Cinema e oltre!
Ops, dimenticavo... Ecco il link

http://filmgarage.iobloggo.com

Mi raccomando cliccate: ne vale la pena!

giovedì 14 giugno 2007

E la chiamano estate...

Fortuna che in estate il cinema va in letargo... Non ci volevo certo io a renderlo noto, ma, passando in rassegna la programmazione presente e futura del Warner di Parma (altrimenti noto come Barilla Center), ho notato due caratteristiche: 1. il menù è lo stesso da 3 settimane (tra uomini ragno, piraiti caraibici e killer dello Zodiaco) con leggerissimi ricambi, a mò di pillola; 2. Per fine Giugno-Luglio si prepara l'abbuffata: Harry Potter, I Fantastici 4 (sperando non sia una cagata come il primo), Transformers, etc. etc. (quasi tutti fantasy come piacciono a me...
Evidentemente i programmatori dei cinematografi la tirano lunga con i soliti film, per poi piazzare il grande boom: un vero colpo all'Ocean's 13...
Va beh, per fortuna che per un po' sono impegnato la sera con tornei di calcetto ;-)

mercoledì 13 giugno 2007

Il ritorno di Patrice Leconte: senza infamia nè lode

Di: Patrice Leconte.
Con: Daniel Auteuil, Dany Boon, Julie Gayet, Julie Durand, Jacques Mathou.
Genere: Commedia (92’)
Commento: Nessuno si attendeva un capolavoro da questo film, ma probabilmente ridurre il tutto al giudizio “la solita commedia francese”, per quanto scelta non proprio così lontana dal vero, rischierebbe di fare passare in secondo piano un lavoro tutto sommato senza pretese ma rilassante. Del cinema d’Oltralpe Leconte dimostra di conoscere a menadito pregi e, ahilui, difetti: più che ridere si sorride, più che piangere si pensa ad occhi nemmeno tanto lucidi. Una com... medietas dunque, l’elogio del giusto mezzo. La storia dell’antiquario che cerca il vero tesoro dell’amicizia per scommessa, scordando che su un valore del genere non si possono puntare soldi od oggetti d’arte, è un po’ ritrita (quantomeno nel messaggio di base). Eppure l’immortale storia della volpe addomesticata e del piccolo principe (immancabile citazione, siamo in Francia!) si svincola dallo snobismo tutto “francoise”, amalgamando il discorso con trovate abbastanza simpatiche. I personaggi risultano così più vero, anche se sinceramente Daniel Auteuil (più che discreto) viene inizialmente preso di mira apparentemente senza motivo: manca cioè l’antefatto, ridotto a scarni 10’ dove la psicologia va un po’ a ramengo. Anche nel resto della vicenda, per la verità, l’animo dei personaggi emerge soltanto dietro le mentite spoglie di fatti esemplificanti, ma quantomeno, se Leconte non ha la pretesa di dare una lezione moralistica agli spettatori, potrà dire di avere prodotto una pellicola sincera, ridente e destinata a tutti.
Da non perdere: La partecipazione di Dany Boon (l’amico autodidatta e stordito, reso ottimamente) al quiz “Chi vuol essere milionario?”: il film raggiunge la vetta più alta di comicità. Anzi, più azzeccato, di commedia.
VOTO: 6.5

martedì 12 giugno 2007

Un déjà vu... che non stanca: OCEAN'S THIRTEEN

OCEAN’S THIRTEEN
Di: Steven Soderbergh
Con: George Clooney, Brad Pitt, Matt Damon, Al Pacino, Andy Garcia, Ellen Barkin.
Genere: Azione (122’)
Commento: Se volete godervi fino in fondo il “colpo gobbo”, un consiglio: non guardatevi i primi due episodi! Magari stenterete a capire la natura di qualche personaggio (ma la forza caricaturale di ogni singolo elemento correrà presto in vostro aiuto), ma in compenso avrete la sorpresa finale completa. Soderbergh ritorna allo stile di Ocean’s Eleven (il migliore, senza dubbio, della trilogia), lasciando perdere musei italiani e corse a due tra ladri professionisti poco riuscite, e tornando al vecchio caro casinò. Differenze rispetto al primo film? Non molte, anche se stavolta il movente, al solito più personale che economico, spinge Daniel Ocean alla vendetta, non alla riconquista di un vecchio amore. Non più Terry Benedict (che anzi, udite udite, spalleggerà Daniel e i suoi altri 12), ma Willy Banks, magistralmente interpretato da un Al Pacino che, non più giovane, sa riciclarsi anche in ruoli dalla scarsa azione ma dall’elevatissimo “ego”. I colpi di scena sono più “introdotti”, centellinati, si possono intuire: forse ne risente lo spettacolo (rispetto alla pellicola inaugurale della trilogia), ma quantomeno ne beneficia la comprensione. Tutto è pianificato, non solo nel progetto del colpaccio, ma soprattutto da punto di vista registico, con Soderbergh che non rinuncia mai a stringere la sua telecamera sui particolari per guidare lo spettatore verso la soluzione: interpretazione, dialoghi, cast e simpatia ne fanno un film letteralmente “ganzo”… Certo, per chi si era già abituato alle imprese della variopinta banda, la sensazione del “già visto” non sarà assente. Ma, a conti fatti, considerato l’intento rilassante del film, è un déjà vu che non guasta.
Da non perdere: La scena finale della fontana, collegamento inscindibile con “Ocean’s 11”, a conferma di un ritorno alle origini della trilogia. Alcune scelte di Soderbergh (come la suddivisione dello schermo in più quadranti) sono audaci, spiazzanti, a volte difficili da seguire, ma sicuramente intriganti.
VOTO: 7

venerdì 8 giugno 2007

A molti non è piaciuto... ma per me è quasi-rivoluzionario: Tony Scott presenta DOMINO

Credo meriti di essere visto almeno una volta: giudizio personalissimo! Provare per credere... o per insultarmi ;-)
Di: Tony Scott.
Con: Keira Knightley, Mickey Rourke, Edgar Ramirez, Lucy Liu, Mena Suvari, Christopher Walken, Rizwan Abbasi.
Genere: Azione (120’)
Commento: Spiazzante e caotico, Domino si perde quasi esclusivamente sul sensazionalismo di certi attimi (concentrati, manco a farlo apposta, soprattutto nel pirotecnico - in tutti i sensi - finale), che contagia di hollywoodianesimo un’idea (sommata alla tecnica) davvero di rilievo. Tony Scott abbandona il classicismo registico di Top Gun e sceglie una collezione di frammenti, rumori, musiche e fotogrammi spiazzanti, ultramoderni nel montaggio e “cattivissimi” nel rapporto con lo spettatore impreparato. Il film disturba sin dall’inizio, forse quasi scandalizza chi se ne va in sala pensando di assistere al solito action-movie e nulla più. Le trovate originali si susseguono, tanto che la trama, intricata ma ben dipanata passo passo, finisce con l’apparire banale dinnanzi all’inventiva tecnica di Scott, fratello, per chi non lo sapesse, del “mastodontico”, Ridley. Keira Knightley recita bene, si da da fare, ma il confronto con la bruttezza “reale” di Domino Harvey, cacciatrice di taglie morta, nella realtà, un paio d’anni or sono in casa propria dopo un’esistenza avventurosa, è impietoso. Anche la storia, che si spaccia per “più o meno vera”, in realtà è follemente romanzata, credibile per tre quarti, assolutamente pasticciata sul finale. Ma il premio a tanta audacia vale comunque un voto positivo.Da non perdere: Le scritte in sovraimpressione, ad accompagnare episodi e personaggi più importanti, senza disdegnare grafici ausiliari, a rendere quasi geometrica la trama. Infine, sui titoli di coda, la scelta di familiarizzare con gli attori, citando solo i nomi di battesimo.
VOTO: 7

giovedì 7 giugno 2007

Rivalutato... ma pur sempre insufficiente: PIRATI DEI CARAIBI - AI CONFINI DEL MONDO


PIRATI DEI CARAIBI - AI CONFINI DEL MONDO
Di: Gore Verbinsky
Con: Johnny Depp, Orlando Bloom, Keira Knightley, Geoffrey Rush, Bill Nighy
Genere: Fantasy-Avventura (168’)
Commento: La sindrome di Matrix: partenza in grandissimo stile, vuoi per la novità, vuoi per la sceneggiatura intrigante ma alla fine precisissima nel suo dipanarsi, vuoi per l’interpretazione di un cast che proprio non può fallire. Poi un secondo episodio non malaccio, che rimescola le carte in tavola e lascia presagire a risurrezioni e ripartenze (praticamente da zero) di tutta la storia. Infine, la terza puntata, la più deludente, dove al nichilismo finale (la situazione dopo 3 film è cambiata non troppo rispetto alle origini della trilogia, eccezion fatta per qualche spunto forzato da incassi stratosferici, che stimoleranno senza dubbio nuovi sequel) corrisponde un puzzle non certo insipido, anzi casomai troppo carico di ingredienti. Ce n’è abbastanza per girare un film d’indagine, con mille indizi, accordi su accordi, scelte prese e poi rinnegate, in una anarchia di sceneggiatura e, il rischio a fine spettacolo è questo, fors’anche di senso. Lo spettatore che va al cinema per un lungometraggio del genere (decisamente troppo lungo: la prima ora è quasi del tutto inutile) non vuole starsene lì con la mappa e il taccuino degli appunti, vorrebbe godersi casomai lo spettacolo, vorrebbe essere preso per mano e guidato in una storia decisamente complicatissima, spesso gratuitamente (che c’azzecca il corsaro Sao Feng in fondo?) e oltre il buon senso. La mezzora conclusiva (finalmente una battaglia per mare, ridotta allo scioglimento finale quando in realtà dovrebbe trattarsi del sale per un film del genere) non riscatta tutto il resto, noioso e di difficile comprensione. Cosa salviamo? A parte la nostra passione (tradita) per il genere e la saga, alcuni spunti, gli effetti speciali (non in tutti i fotogrammi a dire il vero: la liberazione della Dea Calipso sembra realizzata con il pongo), la prova di Barbosa-Rush, che supera a nostro avviso persino l’osannato Johnny Depp, perfetto nel ruolo (per carità) ma un po’ stancante con tutte quelle moine già straviste. E poi ancora: il cameo di Keith Richards padre di Sparrow, che puntualmente suona la chitarra, la gran tavolata con i 9 pirati nobili, e una Walt Disney che si fa insospettabilmente più ardita del solito (alludendo al sesso, e mostrando la morte con taglio agghiacciante). Sulla coppia Bloom-Knightley lasciamo perdere: interpretazione approssimativa a parte, anche gli sceneggiatori non devono volere bene ai due. I dialoghi a loro affidati sono intrisi di un’epica scontata e mai esaltante e di un romanticismo perditempo e pedestre.
Da non perdere: I vari sdoppiamenti di Johnny Depp, in una delle (poche) scene più riuscite della pellicola: quando la psiche confusa si ritrova fisicamente in corpi differenti.


VOTO: 5

mercoledì 6 giugno 2007

E questa merita 10 invece...




Il ritorno di Fincher: altro che Seven, ZODIAC merita un bell'8 e mezzo!


ZODIAC
Di: David Fincher
Con: Jake Gyllenhaal, Robert Downey Jr., Mark Ruffalo.
Genere: Thriller (160’)
Commento: La storia di per sé non aggiunge nulla di nuovo al thriller tradizionale, o per lo meno è un déjà vu che, ogni tanto, piacevolmente ritorna (chi ha memoria di lettura falettiane sicuramente sa di che stiamo parlando). Il fatto che la vicenda però sia, seppur ovviamente romanzata, una storia realmente accaduta in partenza potrebbe giocare a favore o sfavore di Fincher. La regia e le scelte documentaristiche di uno degli autori più discussi di Hollywood risolvono però l’enigma, lasciando propendere decisamente per il segno positivo. Zodiac è un thriller atipico, anzitutto per la durata smisurata (più di due ore e mezza!), in secondo luogo per la scelta di creare tensione e curiosità senza bisogno di mostrare eccessivamente il mostro, di un uso spasmodico del flashback (che mai entra in scena) e di un finale apertissimo.
Fincher lascia infatti ragionare lo spettatore sui titoli di coda, non risolva nulla, non propone un Verbo indissolubilmente legato alla pellicola: racconta, come un documentarista (con tanto di date, luoghi, ore, a conferma di un’appassionante ricerca pre-produttiva), in modo verista, senza mai entrare troppo nella vicenda. Lascia la scena ai suoi bravissimi interpreti, che separa in un gioco d’alternanza non innovativo ma ad hoc sulla vicenda: Robert Downey Jr, Mark Ruffalo e Jack Gyllenhaal (un applauso al curatore del look, che ha ricostruito in poche mosse il gusto anni ’70); c’è chi indaga a modo suo e ci resta dentro, chi finge di non crederci più ma in realtà cova risentimenti nascosti, e chi da Re Mida dei fumetti (e dell’indagine) trova inascoltato la chiave, ma non avrà mai la soddisfazione dell’ufficialità. La tensione viene offerta in giuste dosi, senza esagerare, ma neppure senza mai far crollare il cemento psicologico e conturbante della narrazione, supportata dalla malta di una colonna sonora impeccabile. Lo spettatore, trascinato, perdona qualche errore di sottofondo e qualche leggerezza poco credibile nei personaggi coinvolti in una vicenda di questo genere.
Da non perdere: Una chicca: il doppiatore del direttore del San Francisco Cronichle è lo stesso del direttore del Daily Bugle di Spiderman. E poi un errore: nella partita di Pin-ball (vecchio feticcio anni ’70) il punteggio segna 15-9; dopo tre secondi la schermata segna invece 14-9: una leggerezza, può succedere…
VOTO: 8.5

martedì 5 giugno 2007

"DE LA SINDROME DI MATRIX (e altre storie...)"



Ieri discussione accesa via msn con mio amico sul post dedicato al caro Quentin: me lo aspettavo, e anche a lezione, al momento di presentare quel posto, qualcuno ha storto il naso.

Il che, sostanzialmente, significa che da un lato il mio amico ha ragione, quando sostiene che Tarantino è grande in quanto divide, ma dall'altro, riflettendoci, in parte conferma quanto detto...

Ci scandalizziamo perchè da noi i film alla Quentin si vedevano negli anni '70 (Tomas Millian o giù di lì), ovvero perchè la cultura pop, pulp e fumettistica da noi non va più di moda (se mai c'è stata): dunque, un punto per me.

Non solo, il mio amico mi critica perchè sostiene che i film di Tarantino non sono affatto tutti uguali: sono tutti particolari, hanno sfumature straordinare... parole sue...

Bene, sfumatura significa "differenza piccolissima, appena percettibile" (cfr. Vocabolario di Virgilio), il che a sua volta dimostra che il genere tarantiniano è sempre lo stesso, sempre fine a sè stesso, con qualche piccola, appunto sfumatura: ma io parlai di genere, mi pare, o forse non mi sono espresso bene? Quindi stiamo a due punti per me...

Detto questo, passiamo ad altro, che non vorrei passare per scorbutico e tirarmi la zappa sui piedi: questo forum ha sin troppo pochi commenti...

Anzitutto avviso gli utenti che da oggi i commenti sono "gratuiti", nel senso che la registrazione non è più d'obbligo... in secondo luogo che ho inserito qualche novità, sperando che possano essere apprezzate: i "feed" da Repubblica, sperando che qualche notizia di "Spettacoli e cultura" parli anche di cinema, il contatore delle visite (ma questo, ammetto, interessa più che altro a me) e i vari link dei blog dei miei compagni universitari: sentivo il bisogno di un refresh.. ed eccolo lì.

Ma veniamo al punto, che scrivere troppo non fa bene ai blog (lo dice sempre Mastro Alfonso): come giustifico la foto di qui sopra? Con la famosa "sindrome di Matrix" della quale parlerò in una delle prossime recensioni ("Pirati dei Caraibi 3, che sto finendo di limare) e che già ho introdotto: creare una trilogia significa complicare sempre di più una trama. E sin qui tutto logicissimo, anzi indispensabile...

Però, signori, mi chiedo: complicare non significa rendere impossibile la comprensione: Matrix Revolutions, Pirati dei Caraibi e qualche complicanza pure per Spiderman 3 (che pure ha un suo filo logico)... tutte terze parti dove il senso latito, dove allo spettatori converrebbe andare al cinema armato di carta e penna per segnare gli indizi sparsi sul lungometraggio, a mo' di giornalista d'inchiesta.

Dico questo perchè rivedendo, al cinema, "Pirati dei Caraibi 3", l'ho apprezzato di più (ma non cambia il mio voto negativo che, anticipo, è 5), evidentemente perchè ricordavo la prima visione.

Però, un consiglio ai registi, anche se non mi vedranno mai, perchè non considerare che certi film, specie quelli sovraccitati, che sono puramente di azione e spettacolarità, dovrebbero rilassare e non incastrare il cervello con pastoni filosofici oppure orditi inestricabili (ad una prima occhiata, almeno)?

Voi che ne pensate? Stavolta non avete scuse ;-) i commento sono liberi.

sabato 2 giugno 2007

TARANTINO, DA CHE PULP... ITO??? (sto faccia da pirla)

Come avrete ben compreso dal post con Quentin non vado molto d'accordo: De gustibus, certo, ma quello che non accetto sono i giudizi da Padreterno di questo regista ingegnoso per un po' e poi autobarricatosi dietro sè stesso e dietro trovate originale, ben presto rinsecchite dalla ripetizione eccessiva.
Tarantino che viene a dirmi: "Il cinema italiano è moscio" è come Moggi che suggerisce "Non rubare" ad un povero cristiano!
Anzitutto avrei da dire sulla veridicità di questa affermazione: il cinema italiano effettivamente affronta molto (troppo!) spesso problemi esistenzialisti, e qualche volta il risultato riesce melenso o strappalacrime. A livello di commedie stiamo scadendo parecchio (grazie Boldi e De Sica!), ma abbiamo fatto storia in passato. Ad ogni modo, Tarantino si riferisce al presente, quindi al presente anche noi rapportiamoci per non cadere in fallacia; punto primo, dal cinema italiano non possiamo aspettarci cinema d'azione a go-go, effetti speciali a manetta o sangue da tutte le parti: è la nostra cultura, poco portata al pop e al fumettistico, rispetto agli onnivori "States"; punto secondo: quando sappiamo sfruttare la pecunia degli altri (Hollywood, come sempre) realizziamo prodotti validi: vedi l'ultimo di Muccino che è un quasi-capolavoro; punto terzo: non tutti i film psicologici-esistenziali sono film "mosci". Escono spesso opere dall'insegnamento più tosto e spiazzante (stile "pugno nello stomaco") che non qualche coltellata del divo Tarantino. Se il cinema deve ridursi a quel che vuole Quentin rimarremmo fermi ad un action-movie frivola, di puro svago, senza insegnamento.
Questa la pars costruens, ora la pars destruens, che preferisco: mi domando da che pulpito viene la predica??? Se a dire qualcosa fosse un certo Clint Eastwood, potrei non essere d'accordo, ma rispetterei di più una fonte esperta e poliedrica.
Invece l'attacco giunge da un regista che, dopo il capolavoro "Pulp Fiction" (e in parte pure "Le iene"), non si è mai rinnovato: solo splatter, solo sangue, solo azione fine a sè stessa: sono curioso di vedere Grindhouse (che la critica ha già stroncato, e io godo!). Non solo, dato che la fama non gli bastava, questo approfittatore si è pure preso meriti non suoi: "Sin City" gli è stato accostato, "Hero" gli è stato accostato", "Hostel" (vergognoso!) gli è stato accostato. E il suo unico merito era quello di avere fatto pubblicità a quei film, con indumenti macchiati di sangue: mi domando che insegnamento possa dare un elemento del genere???
Per chiudere (e per non essere frainteso): io non ce l'ho con il genere propugnato da Tarantino (semplicemente lo apprezzo meno di altri se ripetitivo), ma non accetto che un regista che non ha mai sondato altri campi, venga a rompere le balle ad altri. Perchè, mal che vada al cinema italiano, se davvero Tarantino ha ragione, allora siamo pari: l'Italia fa sempre le stesse cose, Quentin anche... E allora perchè fare i fighi e gli esperti di cinema? D'altronde... De gustibus!

venerdì 1 giugno 2007

Chiudiamo in bellezza (con riserve...) THE DEPARTED

THE DEPARTED
Di: Martin Scorsese
Con: Leonardo Di Caprio, Matt Damon, Jack Nicholson, Mark Wahlberg, Martin Sheen, Ray Winstone, Vera Farmiga, Alec Baldwin
Genere: Gangster movie (149’)
Commento: Dopo avere sorvolato i cieli a sè poco consoni di un biografismo spinto con “The Aviator” (tecnicamente perfetto, ci mancherebbe, ma senza troppo sale nella narrazione), lo Scorsese che con più piacere ricordiamo atterra nel giardino di casa, nei paraggi dei territori gangster fatti di violenza, sadismo, ritmo e arguzia verbale, che lo resero il grande Martin. Eppure agli applausi sui titoli di coda, si mescola l’incertezza per un finale che molti immaginavano diverso: ben inteso, di solito l’inatteso è sempre bene accetto, specie nei film di questo tipo dove tutto si dipana in un montaggio assolutamente perfetto e scandito al diapason dalla cinepresa ormai esperta del regista. Ma l’impressione di faciloneria che sovrasta quei 10’ in chiusura (intensi ma involontariamente tragi-comici) fa a pugni nettamente con la serietà (tecnica, scenografica e narrativa) che permea il resto del film. Per il resto Jack Nichlson è Jack Nicholson e non ha bisogno di presentazioni (anche se, piccola punzecchiatura, abbiamo visto di meglio da parte dell’attorone qui nella parte del “padrino” irlandese), mentre Damon e Di Caprio sono qualcosa in più di due semplici spalle di accompagnamento, avendo ormai affinato, proprio sotto Scorsese, l’immedesimazione nel personaggio (indimenticabili gli “schizzi” di follia proprio di Di Caprio). Il gioco delle coppie dunque funziona, meno che sul domandone finale: come si concluderà la saga incrociata (e intrecciata) con sapienza dal maestro? Forse più psicologia, più dialogo e meno colpi di rivoltella in questo senso avrebbero mantenuto alta la tensione per tutto il film, senza scadere proprio sul più bello. L’Oscar è obbligatorio per la Miglior Regia, da rivedere per quel che riguarda il Miglior Film…
Da non perdere: Alcune battute salaci di Nicholson, in tipico stile mafia-movie: di fronte al pericolo il padrino non si scompone mai, anzi rilancia; la fonte della sicurezza spesso risiede nelle parole.

VOTO: 7
OSCAR PER: Miglior Film
Miglior Regia
Migliore Sceneggiatura non originale
Miglior Montaggio