sabato 20 ottobre 2007

Veramente SVALVOLATI... ON THE ROAD



SVALVOLATI ON THE ROAD
Di: Walt Becker.
Con: Tim Allen, John Travolta,
Martin Lawrence, William H. Macy.
Genere: Comico (96’)
Commento: Simpatico e senza pretese. O, come suggerisce il titolo stesso, semplicemente svalvolato. Comunque meritevole, per la verve e la frizzantezza, di almeno una disinteressata visione. Allen, Travolta, Lawrence e Macy sono i 4 dell’Ave Maria, chiamati a far ridere in sella ad una moto: Walt Becker ha il grande merito in regia di non pompare
troppo il materiale a sua disposizione, di limitarsi a gag semplici ma sincere (anche se a volte, lo ammettiamo, un po’ ripetitive) e soprattutto di tagliuzzare con incastri comici quegli effetti serioso-moralistici, dei quali troppo spesso i film comici amano circondarsi con chissà quale fine pedagogico. L’avventura dall’Atlantico al Pacifico di 4 lavoratori
“pensionati nell’anima” diventa il viaggio di Ulisse alla ricerca di Itaca, con mete forzate e problemi che cambiano, senza mai dimenticare l’apparato di risate, l’interiorità dei quattro personaggi. Un film lineare insomma, che non arriverà mai in un concorso di cinema nè
verrà preso come modello da neofiti dilettanti della settima arte, ma che per una buona ora e mezza si lascia guardare piacevolmente, divagando su tematiche leggere e su una trama frivola e sbarazzina. Del resto, se il cinema fosse costruito solo su pellicole toste, sai che noia...
Da non perdere: La presentazione nei primi fotogrammi dei quattro personaggi: i 4 delusi dalla vita si presentano al pubblico, iniettando da subito una verve comica notevole: del resto con quelle facce (anche il mitico Travolta non stona) non poteva che uscirne un film tutto da ridere.
VOTO: 7

giovedì 18 ottobre 2007

V FOR VENDETTA da vedere, leggere, rivedere e rileggere...



V FOR VENDETTA
Di: James McTeigue.
Con: Natalie Portman, Hugo Weaving.
Genere: Fantasy (120’)
Commento: E’ un fumetto, è un’invenzione, eppure coinvolge e fa riflettere come una storia vera. Certo gli effetti speciali sono essenziali alla riuscita del quasi capolavoro, certo le vicende narrate in un futuro visionario sono spinte al limite della credibilità, eppure le dosi di emotività e adrenalina garantite dai fratelli Wachowsky (quelli di Matrix, produttori di questo film) regalano alla cultura popcinematografica una piccola perla che ognuno, anche chi ama solo il cosiddetto “cinema realista”, dovrebbe custodire nella propria videoteca. Il merito è tutto di Alan Moore e David Lloyd che inventano una delle più intense storie ad incastro che carta da fumetto abbia mai conosciuto, e poi cedono i diritti al regista McTeigue per trasporre in celluloide i loro “baloons”. Con un ordine, decisivo e
beato: non cambiare nulla dell’originale, a differenza di tanti altri mostri sacri (vero Stan Lee?), che dinnanzi ai dollari dei produttori, spesso rinnegano l’essenza primaria dei propri supereroi. V è il terrorista nemico del terrore, è il buono costretto alle cattive dalle circostanze, l’essere con più spiccata personalità, che pure si ritrova ingabbiato dietro una maschera per motivi di “privacy” (e, lo scoprirete, non solo). Hugo Weaving (ex Smith di Matrix e re-elfo al servizio di Frodo) sceglie di non strafare fisicamente, accettando un’identità mai svelata, mentre Natalie Portman, splendida e ribelle, è complementare con una recitazione tutta nervi e bellezza. Perderlo sarebbe un attentato...
Da non perdere: Il gran finale, che qui non sveleremo. Un aiutino? C’entra qualcosa
il Big Ben.

VOTO: 9

mercoledì 17 ottobre 2007

wonderfullmatt.blogspot.com presenta NUMBER 23 di Joel Schumacher



NUMBER 23
Di: Joel Schumacher
Con: Jim Carrey, Virginia Madsen, Rhona Mitra, Paul Butcher, Patricia Belcher, Michelle Arthur.
Genere: Thriller psicologico
Durata: 95'
Commento: Walter Sparrow Ë un tranquillo accalappiacani, la sua vita si dipana serena e morbida. Nel giorno del suo compleanno, per una coincidenza del destino, la moglie Agatha gli fa dono di un inquietante libro dalla copertina rossa (Il numero 23). La lettura del volume da parte di Walter, inizialmente scettico a riguardo, diventa ben presto un urgenza, e la sconvolgente somiglianza con la vita del protagonista del romanzo, il detective Fingerling, spingono il buon padre di famiglia in un vortice di nevrosi inizialmente, per poi srofondare nella paranoia ed infine ad un ossessione assassina disegnata dal numero 23. Il soggetto è tratto da un racconto di Stephen King, sceneggiato da Fernley Phillips (a detta di molti, un pupillo di King) per la regia di Joel Schumacher (manco a farlo apposta alla sua 23ima pellicola), e la resa finale non perde molto della suspence morbosa del Re del Brivido. La tensione è assicurata, Jim Carrey è superlativo e spiazzante in questa versione evil della sua maschera solitamente goliardica. La sua interpretazione richiama a tratti la celeberrima vicenda di Jack Torrance (Nicholson), alle prese come lui con il lato oscuro della mente umana, nell’Overlook Hotel di Shining.
Da non perdere: Oltre alle grazie di Rhona Mitra (che regalò le sue avveneti forme a Lara Croft), l'incredibile possibilità dell'esoterico (logico) numero 23 di infiltrarsi nelle piccole quotidianità della vita (oltre ai numerosi cammei dello stesso disparsi nel film), ed attenzione a non finire nello stesso tunnel di Carrey Sparrow!

VOTO: 7.5

Sportfoglio.it presenta: SUNSHINE di Danny Boyle



SUNSHINE
Di: Danny Boyle
Con: Cillian Murphy, Chris Evans, Rose Byrne, Michelle Yeoh, Hiroyuki Sanada, Cliff Curtis, Troy Garity, Benedict Wong, Mark Strong, Nicholas Pinnock
Genere: Thriller Fantascienza (100')
Commento: Lo dobbiamo ammettere: amiamo la fantascienza e Sunshine un poco ci ha deluso. Claustrofobico, gotico, disperato - illuminato - fino a tre quarti diventa banale e caricaturale nell'ultima parte quando Boyle (sì, lo stesso regista disperato e visionario di Trainspotting) cade nella tentazione di uscire dai binari della fantascienza di '2001 odissea nello spazio' per avvicinarsi ad un misto horror/action peraltro poco riuscito e inutile. La trama è presto detta: 2057, il Sole sta morendo. Il genere umano, prossimo alla completa estinzione, si affida al volo dell'Icarus II, una nave spaziale armata con un ordigno nucleare necessario per riattivare la stella. Durante il viaggio, l'equipaggio riceve però un misterioso segnale proveniente dall'Icarus I, scomparsa in una missione analoga sette anni prima a causa di un incidente. Se il nostro voto si avvicina al 6 è solo per una prima parte che cala lo spettatore in un'atmosfera ostile in cui lo spazio infinito è nemico assoluto dell'uomo. Discreta la prova del multietnico cast di scienziati destinati all'inevitabile: nel gruppo spicca lo stralunato e affascinante Cillian Murphy, il fisico del gruppo, occhi di ghiaccio e aria sciupata. Buoni anche i passaggi in alcune scene e, nella prima parte, il ruolo di Clifford Curtis - lo psicologo del gruppo - impegnato a tenere alto l'umore d'un gruppo avviato ad una missione quasi impossibile.
Da non perdere: la passeggiata nello spazio nel tentativo di riparare lo scudo protettivo danneggiato dalla luce solare e l'approdo sull'Icarus I: se il film si fosse mantenuto sugli stessi binari sino alla fine sarebbe stato un capolavoro...

VOTO: 5.5

mercoledì 10 ottobre 2007

28 SETTIMANE DOPO



28 SETTIMANE DOPO
Di: Juan Carlos Fresnadillo
Con: Robert Carlyle, Rose Byrne, Jeremy Renner, Harold Perrineau
Genere: Horror (120’)
Commento: Confrontarsi con un pezzo di nicchia acclamato dalla critica non è mai semplice, ma Fresnadillo lo fa benone, riprendendo il canone cinematografico di Danny Boyle e imponendo la propria mano specie nelle scene di maggiore azione.
Se la prima puntata (“28 giorni dopo”) evocava il terrore senza mostrarlo, incutendo più che altro un’ansia claustrofobica e soprattutto psichica (tema poi ripresa, anche se in genere diverso, sempre da Boyle in “Sunshine”), 28 settimane dopo il virus ritorna passando soprattutto per scene d’azione ad alto contenuto spettacolare, dove la frenesia prende il posto della riflessione e l’orrore entra negli occhi dello spettatore senza passare per il suo cervello. Il risultato è ovviamente lievemente inferiore all’originale, non foss’altro per il fatto che la tecnica psicologica di Boyle era di più difficile resa cinematografica, rispetto al sequel in puro stile action movie di Fresnadillo. I meriti del regista messicano, tuttavia, sono diversi: avere reso interessante una storia tutto sommato simile alla precedente, avere mantenuto un punto d’incontro nell’inconscio di una colonna sonora originalissima per il genere (un sound rock-ambientale che accompagna anche le azioni più cupe dei protagonisti), e soprattutto essere in grado di non allentare mai la tensione: il film parte con tanti volt nel primo fotogramma e, se possibile, nell’ultimo raggiunge un’elettricità ancora maggiore. Attenzione dunque anche a quel che accade dopo i titoli di coda.
Da non perdere: La scena in puro splatter-movie dell’elicottero mozza-teste. La conferma che la sceneggiatura di questa seconda puntata (ma sarà l’ultima?) ha decisamente giocato forte sulla spettacolarità.

VOTO: 7.5

martedì 9 ottobre 2007

Clooney alla Mann: impegnatissimo! MICHEAL CLAYTON



MICHEAL CLAYTON
Di: Tony Gilroy
Con: George Clooney, Ken Howard, Denis O’hare, Tilda Swinton
Genere: Thriller (120’)
Commento: Spartitura classica uguale bel film. L’equazione, che il filone impegnato ormai intrapreso con coraggio e passione da George Clooney, funziona, a patto però che lo spettatore si prepari ad un thriller a basso contenuto spettacolare (gli action-movie viaggiano su una linea parallela, per intenderci) e dall’elevata componente di dialoghi psicologici. L’aggiustaprocessi Micheal Clayton lotta per la causa della vita, senza sapere che molto presto dovrà salvuaguardare anche la propria pellaccia. E’ un film indirettamente di denuncia (nessuna multinazionale citata esiste davvero), che presenta uno spaccata sulle magagne (spesso mortali) della giustizia americana (mondiale). Una pellicola dove la trama si intensifica man mano che la storia procede, con Clooney (ancora una volta perfetto) a reggere le fila del discorso, anche quando sembra ormai caduto nella trappola per topi tesagli dai potenti. Importante la recitazione di Ken Howard, vera vittima del sistema, autentico anello di congiunzione tra il dipendente-magnate senza scrupoli e il cittadino-pentito che rivuole la propria giustizia. Una sceneggiatura alla Micheal Mann, che non va mai sopra le righe, mantiene un’intelaiatura senza colpi di testa riuscendo a colpire nelle parti più riflessive e psicologiche, quelle, guarda caso, con Clooney-Clayton in primo piano. Decisamente impegnato (troppo?), dunque da vedere dopo 10 caffè.
Da non perdere: Il film ha partecipato all’ultimo Festival di Venezia ed arriva nelle sale, rispetto al solito, con insospettabile puntualità.

VOTO: 7

Spiegatemi il titolo, ma soprattutto spiegatemi il film: RX-STRADE SENZA RITORNO



RX-STRADE SENZA RITORNO
Di: Ariel Vromen
Con: Eric Baldour, Lauren German.
Genere: Drammatico (86’)
Commento: Sarà che il Road Movie ultimamente non va molto di moda, sarà che non puoi affidarti ad attore semi-sconosciuti per tenere a galla una sceneggiatura che fa acqua un po’ dovunque, sarà che se poi non metti il ritmo tra gli ingredienti di un film facilone su sentimenti, problemi e trasgressioni della post-adolescenza, la torta non può uscire ben lievitata. Fatto sta che “Rx - Strade senza ritorno” è il classico film da vedere solo in assenza di alternative. E forse nemmeno in quel caso. Il viaggio verso il Messico delle facili scappatelle diventa per tre giovani del Nord Usa un semplice mordi e fuggi per accaparrarsi le famose pasticche blu. Con, banalie, conseguenze out of control. Non c’è una sola scena che risulti un filo inattesa, non un solo fotogramma dove la disperazione, la preoccupazione, l’ansia e l’attesa non vengano banalizzate: accostare frame in sequenza è tecnica elementare e se poi i nostri protagonisti non sanno che farsene dell’espressività, il risultato è davvero scadente. Il finale ha l’unico guizzo, dal quale scaturisce l’unico evento che probabilmente in pochi si sarebbero aspettati, ma anche qui per giustificare il momento clou, il regista ricorre ad un’incompresione linguistica assolutamente ingiustificata per chi vive a pochi chilometri da un confine di stato. Insomma il problema della droga meritava ben altro trattamento, ammesso e non concesso che, dopo tanti capolavori (vedi “Trainspotting”) sia ancora possibile misurarsi sullo stesso campo con possibilità di successo. Questo non è certo il modo.
Da non perdere: Quantomeno singolare il fatto che il protagonista Eric Baldour parli uno spagnolo fluente e corretto per tutto il film e poi, quando occorrerebbe davvero essere poliglotta, si esprima in italiano(-americano).

VOTO: 3

giovedì 4 ottobre 2007

Vorrei vivere soltanto di film del genere GUIDA PER RICONOSCERE I TUOI SANTI (ovvero, quando il cinema si fa perfezione)



GUIDA PER RICONOSCERE I TUOI SANTI
Di: Dito Montiel.
Con: Robert Downey Jr., Shia LaBeouf, Chazz Palminteri, Dianne Wiest, Channing Tatum, Melonie Diaz, Martin Compston, Rosario Dawson, Eric Roberts.
Genere: Drammatico (96’)
Commento: Un’opera autentica, perché tratta da una storia vera e diretta dallo stesso personaggio (Dito Montiel) che quegli eventi li ha vissuti sulla propria pelle, l’unico dunque in grado di trasmetterli in maniera davvero acuta. Un film commovente, che rinuncia alla retorica del melenso o alla presa di posizione di forza tarantiniana, che non ha bisogno di frasi fatte né di mostrare gli eccessi della violenza, semplicemente sa mediare tra i due poli con eleganze e stile. Infine, tecnicamente, una telecamera originalissima, che gioca con le immagini, la fotografia, i suoni, proponendo innovazioni che rendono suggestivo ed evocante la storia stessa narrata, senza scordare di schiodare la fissità della distinzione passato-futuro, in un continuo rincorrersi delle due dimensioni nella presente redenzione del personaggio. Dito Montiel vivacchia in una compagnia non proprio indicata, eppure non sputa nel piatto in cui ha mangiato, è a metà tra i bullo e l’oppresso, oppresso soprattutto da un padre che odia e ama allo stesso tempo, dai più classici problemi adolescenziali, dall’amicizia tormentata per Antonio, lui sì, vero bullo, ma non solo per limiti suoi. Lascia tutto Dito Montiel, perderà tutto. Ma, in un crescendo emotivo che arriva alle lacrime, tutto ritroverà nella parentesi finale, quando il tempo non sembra nemmeno trascorso, se non per quei segni sul viso, unica testimonianza di un uomo, che in fondo è rimasto ragazzo. Puro, semplice e al contempo sentitissimo, questa “Guida” è un capolavoro assoluto, imperdibile di verismo storico-societario e di sentimenti di “strada” ripuliti dalla spazzatura retorica.
Da non perdere: Il finale pare un po’ affrettato: ma è bello pensare che Dito Montiel (e il produttore Sting) abbiano scelto appositamente questa strada, per non creare morali ad un film che ha il grande merito di insegnare senza lasciarlo credere.

VOTO: 10

Moralismi a parte... un sequel "gradevolino" UN'IMPRESA DA DIO



UN’IMPRESA DA DIO
Di: Tom Shadyak
Con: Steve Carrell, Morgan Freeman, John Goodman
Genere: Commedia (93’)
Commento: La domanda sorgeva spontanea: sarà mai possibile realizzare un sequel ad hoc senza la verve irresistibilmente facciale di Jim “The Mask” Carrey? E in questo senso alcuni esperimenti riferiti ad altre saghe (“Scemo e + Scemo 2” oppure “The Mask 2”) non erano certo confortanti, vista l’incapacità degli attori sostituti di confrontarsi sullo stesso campo. Dunque Tom Shadyak ha pensato bene di rinverdire la sua prima pellicola, inserendo in cast l’emergente Steve Carell (“40 anni vergine”), che in “Una settimana da Dio” aveva una “partucola” come giornalista di un tg locale e confermando Morgan Freeman nei panni di un Onnipotente pacato e ironico, azzeccato nella sua trasposizione moderna. Il risultato, comunque non ai livelli della sua prima parte (specie perché assai più prevedibile), è gradevole e la confezione esteriore punta decisamente su un terreno differente rispetto a quello studiato per Jim: meno spazio all’attore principale e gag meno fisiche e più riflettute, dettate soprattutto dalla partecipazioni di un numero non comune di animali e da alcuni travestimenti decisamente fuori moda. L’episodio biblico dell’Arca di Noè rinasce a Buffalo, e tutto si incentra sulla lotta del politico in carriera Evan Baxter (appunto Carrell) chiamato a combattere contro gli squali della finanza (e della corruzione) locali (su tutti John Goodman, e scusate il cast!). Vincendo la sua battaglia, ma solo dopo rigoroso pentimento (e umiliazione) dettato dall’alto. Perché in fondo il successo non è mai stato un… diritto divino.
Da non perdere: In mezzo a tante battute moralisteggianti ed ecologiste (alcune anche a livello elementare), colpisce il suggerimento che Freeman-Dio offre alla moglie di Evan Baxter, subito dopo la scelta di “spezzare” la famiglia…

VOTO: 6.5