giovedì 13 maggio 2010

Sì, è tornato: IRON MAN 2



Di: Jon Favreau.
Con: Robert Downey Jr., Scarlett Johansson, Gwyneth Paltrow, Samuel Jackson, Michey Rourke.
Genere: Fantasy (124’).
Commento: Il primo “Iron Man”, inutile negarlo, era un’altra cosa. Ma nel periodo in cui il cinema prende i sequel, soprattutto dei fumetti, e si diverte, salvo rari casi, a darli in pasto alla critica più famelica, il fatto che la seconda puntata di Robert Downey Jr. e delle sue protesi non faccia troppo rimpiangere l’episodio di tre anni fa può già essere considerato un successo. Nuovi personaggi, nuova azione, adrenalina all’ennesima potenza: del resto le scene cardine si condiscono con motori e meccanica velocissima, una sorta di Sonic trapiantata sul grande schermo che s’appresta, tra qualche mese, ad accogliere qualcosa di simile (sebbene molto più anni Ottanta) con Tron Legacy. Restiamo sul pezzo però: perché Iron Man 2 funziona, nonostante il gran fracasso, la banalità dell’intreccio e il conglomerato di villains o contro-protagonisti, che ingolfa solitamente un prodotto fumettoso di questo tipo? Perché concettualmente la creatura di Jon Favreau (che ha curato il primo film e, intelligentemente non ha fatto altro che ricalcarne le linee guida nel segno della continuità) è nata per vivere velocemente. I dialoghi non sono mai profondi, ma scelgono di essere brillanti, in modo da divertire e lasciare qualcosa: non c’è vacuità, dunque, soltanto tanta frenesia che, al termine del frullatone, consegna al pubblico, se non pensieri filosofici sul rapporto uomo-macchina, quanto meno tanto divertimento e ironia. Per questo l’eroe Marvel è nato sul grande schermo e questa mission riesce a mantenere: i nemici entrano subito in scena, senza perdite di tempo (attenzione all’incipit, che fa ripartire la seconda parte esattamente da dove terminava il primo film, solo da diversa prospettiva), l’intreccio si nutre di una clorofilla che è il caos (idealmente musicato dagli AC/DC), ben dipanato perché rimane superficiale. Il personaggio di Nick Fury è indubbiamente affascinante, promette nuove storie correlate e soprattutto svela la seconda grande arma di questa serie: il carisma dei suoi protagonisti. Su tutti Robert Downey Jr. e il cattivo perfetto Mickey Rourke: talmente “in ruolo” da apparire nati proprio per questa pellicola.
Da non perdere: Il primo incontro ravvicinato tra Iron Man e Whiplash, che non a caso ha nutrito pesantemente il trailer del film. Altissima tensione, in tutti i sensi.

VOTO: 7,5 – RESISTENTE

MATRIMONI E ALTRI DISASTRI... non è un disastro!



Di: Nina Di Majo.
Con: Margherita Buy, Luciana Littizzetto, Fabio Volo, Francesca Inauid.
Genere: Commedia (102’)
Commento: Quasi una versione filmica di “Quello che le donne non dicono” della Mannoia (specie osservando la prima donna del racconto), o, se preferite, una pellicola decisamente al femminile, partorita, scritta, studiata e interpretata in esclusiva dal gentil sesso. Ben venga tuttavia questa forma di “razzismo sessuale” se serve poi a produrre qualcosa che forse non è del tutto fresco, eppure sa evitare il congelamento di certi stereotipi all’italiana. Matrimoni e altri disastri non profuma certo di lavanda, però sa evitare la muffa di alcune storie da dé jà vu e sa basare il suo successo e l’obiettivo a metà centrato su due paradossi di fondo: intanto, incentra una commedia “collettiva” (il matrimonio, banalmente, si fa in due, senza contare ospiti, genitori, testimoni e quant’altro) sulla vertiginosa prova di Margherita Buy, in assoluto il vero portento della pellicola. Poi si rifiuta finalmente di scrivere un finale concatenato e incatenato, evitando di chiudere alcuni rivoli che sfociano dalla trama principale: non tutto deve essere giustificato dietro ad una moraletta a mo’ di chiosa, qualche peccato può rimanere segregato e la felicità, in fondo, non ha bisogno di una logica chiusura. Di sicuro il cambiamento dei personaggi (generalmente in meglio per i buoni, verso l’oscurantismo per i cattivi) viene mantenuto da capo a piedi, ma sprizza un non so che di sincero in quell’ammiccamento continuo ai vizi e alle storture di alcuni dei protagonisti, anche se messi in cattiva luce. Un lavoro teatrale, di marionette intessute su una storia non eccelsa tuttavia già capace di evitare il piattume (e il pattume) di certa filmografia. Fabio Volo è filosofia dell’ignoranza: forse ci fa, forse ci è, però dove lo metti sta, e ci sta bene, mentre la Littizzetto, udite udite, usa un vocabolario edulcorato che pure riesce di credere veritiero. La riprova che, con intelligenza e un grande talento solista, tutta l’orchestra, anche senza budget kolossali, può suonare un buon concerto.
Da non perdere: La pubblicità occulta verso il Mac? O magari il contenuto di quel Mac…

VOTO: 7,5 – RIUSCIT(IN)O

Di titanico c'è ben poco: SCONTRO TRA TITANI



Di: Louis Letterier
Con: Sam Wortinghton, Liam Neeson, Gemma Arterton, Ralph Fiennes.
Genere: Fantasy (105’)
Commento: Vaccata fantasy travestita da kolossal, con abbondanza di effetti digitali pixellosi, dunque mal riusciti, e la stolta credenza che la quantità sia sinonimo di qualità. Invece no, anche in un film nato per essere fracassone, con il passaporto obbligato di opera commerciale ed esageratamente plebea, il troppo stroppia: troppi i nemici, che addensandosi rubano un risibile spazio nella trama (ampia la presentazione dei cattivi, decadente ancora prima di incutere timore il loro destino), troppe le citazioni da altri film (da Il signore degli anelli, saccheggiatissimo nelle scenografie, a Excalibur, uno dei pionieri degli effetti speciali, e si era negli anni ’80), troppi i dialoghi fasulli ritagliati su un copione base visto e rivisto, pregno di scontatezza e di epica da bar sport. Stupisce il cast, nel senso che lo spreco è evidente scorrendo i nomi di artisti della new generation – Sam “Avatar” Wortinghton e la (s)ex bond girl Gemma Arterton – mixati con mostri sacri che il fantasy però l’hanno appena masticato (Ralph Fiennes/Ade è Voldemort in Harry Potter, Liam Neeson è un pesce fuor d’acqua, punto e stop). La trama è clamorosamente piatta, veloce, da videogioco, anzi, peggio di un videogioco, perché un game ben fatto propone imprese decisamente più difficili e meno banalizzate di questo pastiche, o pastrocchio, che non rende merito alla nuova moda del peplum movie. I saliscendi restano così potenziali, e l’attesa del next level è ampiamente preannunciata in tutte le sue sfumature, tanto che basta un minimo di arguzia per argomentare già un finale migliore, prima ancora di vedere la reale bruttura scelta come soluzione dal regista (che non a caso lavorò all’esagerato Hulk). Psicologia assente, naturalmente, perché l’action movie vuole la sua parte, e non venite a dirci che questo è un film senza pretese: perché il battage pubblicitario e il portafoglio straripante, esigevano ben altre emozioni. O, almeno, ben altra adrenalina.
Da non perdere: Quei 2 euro e 50 letteralmente rubati per un 3D che non ha senso. Se proprio dovete, guardatelo nelle vecchie, sane due dimensioni.

VOTO: 3 – COLPO GOBBO

Fenomeno d'Oltralpe: IL PICCOLO NICOLAS E I SUOI GENITORI



Di: Laurent Tirard.
Con: Kad Merad, Valerie Lemercier, Maxime Godart.
Genere: Commedia (91’).
Commento: Una delizia per gli occhi, per l’animo e, perché no?, pure per il cervello. I francesi lasciano perdere il palato e il patriottismo della tradizione gastronomica (ma in questa pellicola v’è un pasto che vale la pena di godere) e danno una bella lezione anche alla nostra ritrita commedia. “Nicolas” è un film fresco, come la visuale del mondo da parte di un bambino, e conferma Kad Merad, attore semisconosciuto fino a due stagioni fa, come una certezza: quando c’è lui, andate tranquilli che sarà un lavoro riuscito. Ha bisogno di lavorare in coppia, stavolta in trio, in un film che risolleva la visione della famiglia senza bisogno di frasi fatte o luoghi comuni, bensì con l’inatteso e il caricaturale. Questo perché il mondo deve per forza riuscire esagerato, se viene visto con gli occhi di un pre-adolescente: sia che si tratti di un continuo equivoco (tra un fratellino che nasce o magari ruba soltanto la scena, un genitore con il volto deformato di un orco, un bravo meccanico scambiato per un infallibile sicario), sia che si tratti di dipingere situazioni con tratto monotematico, a senso unico, ma non per questo pesante. Né stupisce che il racconto arrivi dal padre di Asterix, Goschinny, uno dei fumetti più intelligenti mai partoriti. Nicolas e i suoi compagni hanno il gusto retrò, che lascia buon umore – e un filo di dipendenza – in chi esce dalla sala, in una riproposizione sana di quelle che furono le simpatiche canaglie americane della televisione, diretta evoluzione, un filo più rapida e sgangherata, del poetico monello di Chaplin. Che guarda caso, anche se erroneamente, passa spesso per essere più francese che inglese. La regia stilizzata, eppure mai frenetica, fa il resto, condendo con la giusta mano e impacchettando il prodotto. Dedicato a noi, che per riscoprire il nostro Gianburrasca abbiamo avuto bisogno dei cugini d’Oltralpe. In un ritorno al passato che profuma di moderna nostalgia.
Da non perdere: Quei 5-6 minuti iniziali, sufficienti a tratteggiare tutti i personaggi principali. Titoli di testa in medias res, perché presentano e al contempo immettono nel clima gioviale del racconto.

VOTO: 9 - DELIZIOSO