sabato 25 ottobre 2008

TROPIC THUNDER capolavoro assoluto



Di: Ben Stiller
Con: Robert Downey Jr., Ben Stiller, Jack Black, Bill Hader, Nick Nolte, Jay Baruchel, Steve Coogan, Brandon Jackson, Matthew McConaughey, Tom Cruise
Genere: Comico-demenziale (107’)
Commento: Può esistere un capolavoro del cinema demenziale? A giudicare dal finale dell’ultima fatica di Ben Stiller, quando Tropic Thunder riceve l’Oscar per il migliore attore protagonista, sì. A giudicare dalla qualità della pellicola, pure: magari non come Miglior Film, ma come Miglior Sceneggiatura Originale. Esageriamo? Forse, ma non è facile fare ridere di questi tempi e ci vuole un fegato da… marines per dissacrare la guerra più sanguinosa e sporca che l’America ricordi. Tropic Thunder è allora un concentrato di bravura attoriale (Robert Downey Junior guida un cast stellare, con l’isterico Jack Black, il finto-duro Stiller e il buzzurro e cinico Tom Cruise, ingrassato e pelato) e di antiretorica: un film che nasconde un senso profondo sotto quelle due ore di risate grasse, e che non dimentica la riflessione. E’ un metafilm, che parla di cinema e critica dunque la stessa produzione degli Studios, rilanciando un filone che si andava ormai smarrendo. La bandiera americana che campeggia su molte pellicole made in Usa viene così calpestata, quasi vilipesa, senza timore, perché in realtà la presa in giro non riguarda i veri valori di una nazione, ma i falsi dei di una patria fondata sulla costruzione di falsi miti e sulla scimmiottatura dell’eroismo. Ecco allora che l’attore costruttore di favole si ritrova in una guerra vera, ed ecco che la tragedia simulata diviene pura paura: ma anche pura risata, con istrionico accostamento. Un film stupido? Nossignori, e la parentesi pirandelliana (“interpreto uno che interpreta qualcun altro” dice Robert Downey Junior ad un certo punto) ne comprova l’intelligenza. Un lavoro che merita di essere visto e rivisto, per ridere, pensare e vendicarsi dei soprusi di tanti blockbuster che speculano sulla tragedia. E la risata demente torna ai fasti di Abrahams e Zucker.
Da non perdere: Quasi tutto. Scegliamo la colonna sonora (che non sveliamo) e gli spassosissimi trailer iniziali: che strizzano l’occhio, involontari, a Maccio Capatonda e la sua band (chi ha youtube, sa).
VOTO: 9 – GENIO DEL MALE

martedì 21 ottobre 2008

WALL-E



Di: Andrew Stanton
Genere: Fantasy/Animazione (96’)
Commento: C’è un fotogramma di Wall-E che ricordiamo molto volentieri: il robot spazza-tutto che vola nello spazio e tocca le stelle (o forse i cerchi saturnini), incontro primordiale con una galassia prima sconosciuta. E’ un momento che ci riallaccia ad un capolavoro spielberghiano di quasi 20 anni fa e fa di Wall-E un nuovo E.T.: la prospettiva (umani cattivi, o quantomeno superficiali, “diverso” buono e capace di sentimenti inattesi) non muta più di tanto, anche se a cambiare è il proscenio. Stavolta per coltivare relazioni umane Wall-E dovrà essere sparato nello spazio, affrontando le peripezie che la meccanizzazione della massa impone, in contrasto alla purezza delle emozioni. Il film, rispetto ai precedente capolavori Pixar, non ci sembra dei più riusciti: tuttavia, questa nostra prima analisi subisce una forte influenza dalla cinematografia classica, il che rende il nostro giudizio assolutamente rivedibile dal fruitore della pellicola. Ci spieghiamo meglio: il grande coraggio degli animatori americani sta nell’affrontare un lungometraggio di oltre un’ora e mezza senza mai abbozzare uno scambio di battute completo. Tra rumori robottici, dialoghi sfasati e spesso stereotipati dell’essere umano, a subire una leggera piega negativa pare proprio essere il ritmo, giocato, come da copione, su comicità e velocità fisica dei personaggi. Permane comunque una trama convincente, che mentre dispiega le ali del proprio intreccio, non dimentica di lanciare una riflessione: vi è il messaggio ecologista, evidentissimo e quasi elementare nella sua esplicazione (ma questa, essendo il film rivolto in primis ai più piccini, non può essere considerata una colpa) e vi è anche lo spazio per un’accusa molto forte (sebbene politicamente più corretta come nello stile Pixar: i Simpson e Shrek, per intenderci, sono altra cosa) verso la massificazione della società, con una particolare prevalenza del problema “obesità” tanto caro agli americani. Il finale poi ricorda molto il deliro atomico di Svevo ne “La coscienza di Zeno”: solo azzerando tutto la terra può ripartire con purezza interiore, la stessa che porta l’uomo a tornare ad uno stato primordiale e a riscoprire la straordinaria perfezione delle piccole cose. Wall-E è dunque una sorta di coscienza meccanica dell’uomo che ha perso la sua anima, eppure non sempre riesce a commuovere (come faceva, restando in paragone, E.T.): l’opera merita comunque un plauso generale per l’originalità e segna un ulteriore passo in avanti (il miglioramento rispetto a “Monster” e “Robot” è evidentissimo) verso una presenza sempre più massiccia del non-umano nei nostri cartoon. Del resto, il futuro chiama, e anche l’animazione deve rispondere: presentare un messaggio meno rose e fiori del solito, e a tratti anche apocalittico, altro non fa che rimarcare l’impressione di una pellicola fuori dagli schemi, ma al contempo capace di “classicizzare” nuovi topoi anche nel cartoon… Wall-E, insomma, non è ancora un classico, ma potrebbe mietere proseliti e diventarlo presto.
Da non perdere: Il corto iniziale intitolato “Presto”: dietro alla comicità molto più irriverente del successivo lungometraggio, si nasconde un’altra accusa al mondo della magia (o più in generale umano), offrendo una difesa a spada tratta verso animali e animalisti.
VOTO: 7.5